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Famiglia-Lavoro

Bussa al Fondo pure chi prima offriva aiuto

È trascorso un anno dal primo contributo elargito. Un bilancio con Luciano Gualzetti: «Occorre una rete di persone per affrontare oggi la crisi finanziaria, domani altri bisogni

di Filippo MAGNI

13 Aprile 2010

Un anno fa, giovedì 2 aprile 2009, il Fondo Famiglia-Lavoro elargiva il primo contributo. A partire da quel giorno l’iniziativa voluta dal cardinale Dionigi Tettamanzi ha dato una mano a 2.896 famiglie, distribuendo un totale di 5.998.755 euro. Sono stati aiutati nuclei in difficoltà per lo stesso motivo, la perdita del lavoro, ma i profili familiari sono cambiati nel tempo. La svolta è avvenuta in autunno: gli stranieri e i giovani che si rivolgevano al Fondo hanno lasciato spazio alle famiglie, ai lavoratori italiani che dopo anni di servizio in azienda sono stati licenziati. E ancora oggi le richieste non accennano a diminuire.
«Esauriti i risparmi personali e la rete di solidarietà familiare, sempre più persone si appellano al Fondo – spiega Luciano Gualzetti, vicedirettore di Caritas Ambrosiana -. Nei primi mesi di operatività a inizio 2009, i volontari dei Centri d’ascolto incontravano persone già in difficoltà che la crisi aveva posto in situazioni drammatiche».
Il riferimento è agli immigrati, ai precari, ai giovani da poco entrati nel mondo del lavoro e più facilmente licenziabili. Oggi la situazione è del tutto diversa, spiega il vicedirettore: «Richiedono aiuto famiglie che mai avrebbero immaginato di doversi recare alla Caritas. Sono i nostri vicini di casa, i nostri amici. Sono persone “normali”, erroneamente convinte di avere un posto di lavoro solido, che hanno acceso mutui e allargato la famiglia. Per poi trovarsi spiazzati davanti alla perdita del reddito».
Non sapendo come comportarsi si rivolgono inizialmente ai parenti: genitori o cugini che per un tempo limitato possono contribuire al sostentamento delle necessità di base. Si comprimono alcune spese, si riducono i bisogni all’osso. Poi, con il peggiorare della situazione lavorativa, quando la cassa integrazione non basta più o la mobilità è avanzata, diventa necessario appellarsi a un sostegno esterno. «Per certi versi – spiega Gualzetti – è positivo che in tanti si rivolgano alla Caritas: mancando la sussistenza sociale, l’unica alternativa per sopravvivere sarebbero i prestiti delle finanziarie, cui poi bisogna riconoscere tassi d’interesse e commissioni insostenibili».
Il primo passo per affrontare la difficoltà, spiega Gualzetti, è riconoscere il bisogno di aiuto. «Dobbiamo eliminare la mentalità secondo cui siamo tutti individui che devono cavarsela da soli – chiarisce il vicedirettore -. La strada da percorrere porta alla creazione di comunità solidali all’interno delle quali potersi confrontare senza vergogna. Con la consapevolezza che ciò che è successo oggi a un amico potrebbe accadere domani alla mia famiglia». È in questo snodo che si gioca l’idea del Fondo, spiega il vicepresidente: «L’ha detto il cardinale Tettamanzi: a partire da questa iniziativa le parrocchie possono creare una rete di persone in grado di affrontare diverse problematiche». Non sono necessari grandi gesti, spiega: spesso «è sufficiente offrirsi di curare i figli di una persona disoccupata così da permetterle di cercare un lavoro».
A ciò si aggiunge il ruolo del Fondo come stimolo a cambiare gli stili di vita all’insegna della sobrietà e della solidarietà: «Se non si cambia, la crisi non sarà mai superata. I segnali non sono incoraggianti: basta guardare le vendite sempre in aumento di superenalotto e “gratta e vinci”. Nel loro piccolo sono lo specchio di una società che preferiva l’investimento in borsa e i giochi finanziari alla produzione. Esattamente la mentalità che ha provocato la crisi economica».
La strada per uscire dalla crisi, secondo Gualzetti, «è lunga e si scontra contro il grosso ostacolo fondamentale: non c’è lavoro. Lo dicono i numeri: la disoccupazione è salita dal 5,6% del 2007 al 7,3% del 2009, mentre nello stesso periodo la cassa integrazione è aumentata di cinque volte». Non è un caso che il Fondo Famiglia-Lavoro sia intervenuto maggiormente nelle aree della Diocesi che fondavano la propria economia su industria e artigianato. «La zona di Monza e della Brianza, il Vimercatese – precisa il vicepresidente Caritas – sono stati colpiti in modo drammatico e hanno beneficiato di maggiori aiuti da parte della Diocesi». Oltre un milione di euro (come si può leggere nella tabella a fianco) è partito dal Fondo per raggiungere la Zona pastorale di Monza; poco meno è stato distribuito a Rho. Nell’ordine fanno seguito Milano città, Sesto, Varese, Melegnano, Lecco.
L’iniziativa lanciata dal cardinale Tettamanzi la notte di Natale del 2008 ha aiutato numerose famiglie, ma molto è ancora da fare. È notizia di pochi giorni fa che secondo l’Istat i redditi attuali delle famiglie italiane sono i più bassi dal 1990, con un calo del 2,8% tra il 2008 e il 2009. Per questo proseguono nelle parrocchie le raccolte di offerte allo scopo di rimpinguare il Fondo: ad oggi sono stati raccolti 7.739.586 euro. È una cifra importante, conclude Gualzetti, «che deve necessariamente crescere per aiutare le famiglie cadute in una crisi di cui al momento non si vede la fine».

Il 29 aprile serata in Duomo

Giovedì 29 aprile, alle 20.30, nel Duomo di Milano si terrà una serata manzoniana a favore del Fondo Famiglia-Lavoro, con la partecipazione dell’Arcivescovo. Il titolo dell’evento è “Fede Speranza e Carità”, nel romanzo di Alessandro Manzoni e nell’opera musicale moderna di Pippo Flora e Michele Guardì. L’attore Giorgio Albertazzi leggerà alcune pagine dei Promessi Sposi legate al tema della fede. Condurrà la serata Lorena Bianchetti, giornalista di Rai2.
Info: info@seratamanzoniana.it
www.seratamanzoniana.it