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Riflessione

Chi vuole essere l’uomo del terzo millennio?

È una delle domande che cercheranno di porsi i «Dialoghi» di quest’anno, a fronte del cambiamento radicale del rapporto tra natura e cultura cui stiamo assistendo

di Paolo MARTINELLI Vescovo ausiliare

21 Ottobre 2016

Riprendono il 24 ottobre al Piccolo Teatro, alla Sala Melato, i «Dialoghi di vita buona», nati per iniziativa dell’Arcivescovo di Milano Angelo Scola e del filosofo Massimo Cacciari, accompagnati da un comitato scientifico di una quarantina di persone di orientamento culturale e religioso differente, interessati alla promozione di vita buona per tutti, a cominciare dalla Metropoli di Milano e dall’Europa. Dopo gli incontri dello scorso anno dedicati al tema dei “confini”, incentrati sulle problematiche relative ai flussi migratori, quest’anno i «Dialoghi» verteranno su «Naturale e Artificiale nell’esperienza umana».

Tutti facciamo l’esperienza di quanto difficile sia oggi cogliere il confine tra queste due dimensioni. Quando definiamo qualche cosa come «naturale»? Quando troviamo un bosco incontaminato nel quale camminare, oppure un sentimento spontaneo che sgorga dal cuore? E quando percepiamo qualche cosa come «artificiale»? L’artificiale potrebbe identificare l’artefatto, sinonimo di un mutamento estraneo alla cosa. Ma l’imponenza dello sviluppo tecno-scientifico e bio-ingegneristico, ci fa pensare sempre più all’artificiale come alla capacità dell’uomo di intervenire sul reale, modificandolo a tal punto da rendere problematico il concetto stesso di natura finora comunemente inteso. Sta cambiando radicalmente il rapporto tra natura e cultura.

Nell’esperienza umana elementare ciascuno di noi coglie in sé qualche cosa che gli è dato e lo precede; basterebbe pensare al fatto che nessun essere umano può darsi l’inizio della vita da se stesso. Al contempo ciascuno riconosce in sé la possibilità di poter intervenire su questo elemento, assecondando il dato stesso e facendo emergere le sue potenzialità. È proprio dell’umano la cultura, la coltivazione del reale, che permette lo sviluppo, la ricerca, il miglioramento delle condizioni di vita, una continua tensione all’oltre. Ma cosa accade quando la stessa “natura” appare in un certo senso assorbita dalla “cultura”, in tal modo che l’uomo possa ritenersi quasi l’artefice di se stesso? È realmente possibile? Davvero l’uomo è solo l’esperimento di se stesso?

L’incontro di lunedì 24 ottobre declinerà il tema «Naturale e artificiale» secondo una questione di bruciante attualità: «Digitalizzare la vita: l’esistenza calcolata». Le prospettive della digitalizzazione del vivente aprono scenari inediti; basti pensare alle implicazioni nella medicina, ma anche nelle questioni antropologiche relative al senso del corpo e del limite.

Sorge inevitabilmente una domanda radicale: cosa ultimamente desidera l’uomo dalle possibilità del tutto nuove che sta sperimentando? Ridefinendo il rapporto tra naturale e artificiale, chi vuole essere l’uomo del III millennio? Verso quale esperienza di felicità e di amore stiamo andando? Quale “eternità” stiamo immaginando per noi e per le generazioni future?

I «Dialoghi di vita buona» di quest’anno intendono dare voce a queste domande e intravvedere insieme orizzonti di risposta.