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Danzare la vita

9 Novembre 2004

“Dalla bocca dei bambini e dei lattanti ti sei procurato una lode ”
( Mt 21,16 )

Danzo al chiaro di luna
e odo il battere dei tamburi.
I campanelli alle mie gambe
risuonano come stelle ammiccanti.
Le penne stormiscono
come i venti che turbinano sulla Prateria.
Le voci dei cantori,
là vicino al tamburo.
Io danzo sulle nuvole
(Americo Martinez, 11 anni, indiano Odschibwa)

Il Centro statale “Lizoga – Luminitta” accoglie una quarantina di bambini e ragazzi cerebrolesi.

In questo Centro si viene ogni mattina per l’animazione.
In Romania l’handicap è ancora vissuto, più che concepito, come una vergogna da nascondere, una realtà irrecuperabile, un’esistenza di pura sopravvivenza senza senso.

La direttrice Jaquline Lazarescu è consapevole che, in questa mentalità fatalistica ereditata dal passato regime comunista, si annida la sfida per il futuro.
J. Lazarescu è una donna coraggiosa che nuota controcorrente.

L’incontro con i bambini e i ragazzi è un pugno allo stomaco perché, non solo ci svelano le loro povertà, ma ci rivelano le nostre povertà:
“Il loro primo appello è un grido angoscioso: “Mi ami? ” e “Perché mi hai abbandonato?” ( H. J.M. Nouwen, Gesù: un Vangelo, Edit. Queriniana, p. 178 ).

Anche Gesù ha vissuto questo grido lacerante:
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”.
Anche lui ha vissuto la più profonda angoscia che essere umano possa soffrire come: ”l’essere lasciato solo, rigettato, dimenticato, abbandonato da colui che è la fonte di ogni vita” ( H.J.M. Nouwen, op. cit ).

Un grido lacerante che viene attutito con il ballo. Si danza sulle note di musiche moderne trasmesse, a pieno volume, da una piccola radio nel salone atrio .
La maggioranza dei ragazzi, singolarmente stimolati, si muove imitando i volontari e divertendosi molto.
Ci sono tribù africane dove la danza del villaggio è aperta da chi soffre un handicap perché, nella loro cultura, anche loro hanno diritto alla festa, a danzare la vita.

Più passano le mattine, più mi convinco che i “matti” sono fuori da queste mura di “Lizoga” dove, in una vita caotica di impegni, si è perso il gusto, il ritmo, di danzare la vita.

Si è perso la fragranza evangelica del vino della gioia versato nelle nozze di Cana per poche gocce versate nelle discoteche.

Elena, Diana, Marius, Andrei, Maikol, Mihai, Dorù, George, Isabella, Maria, Miruna, Roxana, Claudia, Cristi, Janut, Violeta sono i nomi di alcuni dei “danzatori” che ci consumano le energie, gli abbracci e ci insegnano a spogliarci dei pregiudizi per far posto alla vera ricchezza, al vino di Cana: l’attesa di un abbraccio, di un bacio, di un sorriso di chi è stato abbandonato.

Non essere pensati da nessuno è come non esistere,
così riscopriamo le radici autentiche della maternità e paternità.