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Fondo Famiglia-Lavoro

Il cuore oltre alla penna e al questionario

L’esperienza di un diacono impegnato nella raccolta delle domande: «Ho iniziato un cammino di maturazione fatto di accoglienza e ascolto»

di Diego VESCO Diacono

27 Aprile 2011

Anch’io sono stato chiamato a cooperare, in qualità di responsabile Caritas, al progetto Fondo Famiglia-Lavoro e ho iniziato un cammino di maturazione fatto di accoglienza, compassione e ascolto. Ho incontrato tante famiglie, visitandole a casa loro, per redigere la domanda di contributo.
All’inizio ero concentrato sulle questioni tecnico-burocratiche, informazioni sul reddito, correttezza di forma e compilazione, preoccupato di fare le cose precise, come se quello fosse il vero fine del mio servizio. Poi, rivedendo quei volti che incontravo, ho iniziato a riflettere se fosse solo una questione di soldi. Mi domandavo: «Il mio sguardo su coloro che incontro è quello del samaritano che si china ad offrire aiuto, o quello freddo e pragmatico di chi compie soltanto il suo ruolo?». Nella preghiera ho ripensato allo stile di Cristo verso la povertà, alle mani e agli sguardi delle persone incontrate che esprimevano angoscia, sensi di colpa e disperazione. Ho iniziato a comprendere che, oltre alla penna e al questionario, bisognava portare con sé un cuore e uno sguardo diverso. Non ci doveva essere più l’orologio a scandire il tempo, ma tutto il tempo, perché questi padri e madri potessero raccontare il loro dramma e le loro speranze. Dovevo donare a quelle case uno spicchio di solidarietà a nome di tutta la Chiesa.
Così quei colloqui si sono trasformati in dialoghi di amicizia e il distacco formale ha lasciato il posto all’accoglienza data e ricevuta. È proprio vero che in queste esperienze la provvidenza vive la sua presenza più intensa, non sono più io colui che dona, ma colui che riceve. Questi volti e queste mani incontrati si sono trasformati in grazia del Signore. Parole come solidarietà, sobrietà, povertà sono diventate vere e non più slogan, un vissuto di tutti i giorni che dà senso al mio ministero diaconale e all’essere Chiesa.