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Arte

La “Crocifissione” di Mosè Bianchi

È l’opera sullo sfondo della quarta tappa della catechesi quaresimale

16 Marzo 2012

La Crocifissione dipinta da Mosè Bianchi è derivata da una tela più grande di simile soggetto eseguita dall’artista nel 1879 per la chiesa di S. Antonio Abate in Valmadrera. Con grande realismo e drammaticità Bianchi affronta il momento più tragico della morte di Cristo. L’opera, conservata presso il Museo Diocesano di Milano, è al centro della quarta tappa della Via Crucis del cardinale Scola su “Fine o inizio?”.

Il silenzio ha zittito ogni rumore: rumore di martelli e di chiodi; di voci beffarde, ironiche; di violente bestemmie; di grida angosciate, disperate; di pianto inconsulto. Tutto sembra fermarsi nell’attimo della morte imminente che decreta la propria sentenza: è la fine, anche per Cristo.

Maddalena sembra trattenere il respiro, fuggire e negare l’istante: si ribella e si chiude nel buio forse illusa, per un attimo, di poter cancellare, come incubo, il dramma. Ella sa, è ben consapevole che, liberando il suo sguardo oltre il fragile ostacolo di due mani schiacciate sul volto, l’aspetta il pianto convulso e il dolore incolmabile di un amore che si annuncia finito in quel corpo, inchiodato alla croce, che si prepara a morire.

Nel silenzio un grido su tutto, flebile di suono, ma forte e deciso nel suo totale donarsi: «Padre, nelle tue mani affido il mio spirito». Un grido che basta a squarciare il minaccioso incombere delle tenebre e a filtrare un bagliore di verità che dà senso al morire di Cristo. Un grido capace di profilare un orizzonte nuovo di luce dorata da cui si affaccia un’umanità nuova che corre attratta e sedotta da una morte inconsueta. Un grido che, pur scuotendo in un ultimo doloroso sussulto le membra di un corpo sfinito, già sembra strapparlo a quel legno di morte per catturarlo nel vortice di un cielo chiaro che si fa squarcio d’infinito, respiro d’eternità. «E chinato il capo emise lo Spirito».

È la fine o l’inizio? È il dono supremo: non l’ultimo rantolo di un morente, ma il primo respiro del Vivente. Nasce l’uomo nuovo, un’umanità rinnovata destinata al medesimo cielo di luce, nasce la Chiesa. ICRI, «Gesù Cristo, Re dei Giudei» porta la scritta in alto alla croce: forse non un banale errore di chi l’ha dipinta, ma la testimonianza piu vera che si fa professione di fede per tutti: questi è veramente il Cristo, il Figlio di Dio, Salvatore. È la fine o l’inizio?

L’opera d’arte starà in mostra presso l’altare di S. Giovanni Bono in Duomo da martedì 20 a lunedì 26 marzo.