Share

Gocce di cultura

La preghiera medica le ferite della giornata

Giuseppe Moretti, Un canto nella notte mi ritorna nel cuore, Massimo, Milano, 2012

11 Settembre 2012

Giuseppe Moretti, appassionato studioso dell’animo umano, ci ha abituato con i suoi libri a riporre al centro della vita quotidiana la preghiera, intesa come un canto di gioia o di consolazione. Lo stesso titolo dà la misura di quanto sia profonda la ricerca ed il dialogo incessante con Dio.
In questo libro l’autore insegna il modo per pregare ad ogni ora del giorno: durante l’aurora, lungo la giornata, la sera, di notte e nei giorni di festa.
Ogni capitolo si apre con un titolo che orienta la lettura. Seguono un salmo riscritto poeticamente, un articolo introduttivo per inquadrare il senso spirituale del tema, un aneddoto ripreso da qualche romanzo o vita vissuta e tre salmi con una breve esegesi. Non manca una gradita ricerca etimologica di parole oggi in uso, ma per la maggior parte svuotate del significato originale.

Nella prima parte dedicata alla “benvenuta notte” l’autore pone al centro la parola “silenzio” segno di una presenza discreta e confortante di “qualcuno”.
Per silenzio non intendiamo solo la mancanza di parola o l’assenza di rumore, intendiamo la perdita del dialogo e di interazione con noi stessi, con gli altri e con le cose».Un tempo – riflette l’autore – le parole nascevano dal grembo del silenzio, oggi nascono da altre parole. Il silenzio (silenzio che pensa, ascolta, accoglie, si lascia animare) è condizione indispensabile affinché la parola possa non solo nascere e risuonare, ma essere davvero evocativa, autorevole, autentica
Così se la parola non è nata nel silenzio risulta vuota ed incapace di dialogo.

La seconda parte tratta il tema dell’aurora intesa come miracolo di un nuovo giorno che nasce.
Vivere o sopravvivere? Questo è il dilemma essenziale. La parola “vita” nella nostra cultura coincide con “capacità operativa”, efficienza. Una persona “vive” se fa qualcosa, in questo modo non c’è più spazio per la preghiera.
Con la recita dei salmi il pio Israelita imparava a conoscere che l’aurora era un appuntamento con Dio: Voglio cantare a te voglio inneggiare:/ svegliati mio cuore,/ svegliati arpa, cetra,/ voglio svegliare l’aurora (salmo 56,9).
L’autore introduce il concetto di coraggio e rammenta che ogni viaggio comincia con un primo passo  e per tutto il percorso bisognerà armarsi di coraggio. Canta così il salmo: «Il signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura?».
Il coraggio (dal latino cor habeo, composto dal sostantivo cor– cuore – e dal verbo habeo– ho cuore) è la virtù umana spesso indicata anche come fortezza che dà a chi la possiede la capacità di affrontare impegni e responsabilità (…). Non c’è dubbio che tra cuore e coraggio ci sia una parentela molto stretta: il secondo non può fare senza il primo, ma anche il primo non riesce ad affermarsi senza il secondo.

La terza parte è un inno di gioia alla vita che si rinnova ogni giorno. Ogni giorno, infatti è una festa unica, irripetibile, è un’avventura. I nemici sono in agguato: egoismo, competitività esagerata, orgoglio, cupidigia, odio, rancore, pigrizia, accidia, arroganza, bramosia, ma soprattutto ipocrisia ed invidia, tanto da far dire all’apostolo Paolo:«Voi tutti (n.d.r battezzati) siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte, né delle tenebre» (1 Ts 5,5).
Interessante è la lettura che Moretti dà della purezza. Il salmo 51 (50) così declama: «Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo» . Puro, purezza, purità sono parole che istintivamente rimandano alla sessualità, come se fossero l’equivalente del sesto comandamento: «Non commettere atti impuri».
Questa formulazione poco presente nella tradizione cristiana, è divenuta dominante a partire dal milleottocento. Dal punto di vista biblico le cose stanno diversamente. I termini “puro” e “purezza” non sono usati mai nel Nuovo Testamento, per indicare quello che, usandoli intendiamo noi oggi e cioè l’assenza dei peccati della carne. Dal punto di vista biblico ha il cuore puro chi ha Dio come riferimento unico.

La quarta parte del libro presenta i salmi della sera. La sera è immaginata come l’autunno, tempo di raccolto, di bilanci. Ritornano in mente i discepoli di Emmaus, i quali dopo aver camminato per un pezzo di strada con un viandante, la sera, stanchi si fermano ad un ristoro e solo allora riconoscono il Cristo allo spezzare del pane. La preghiera serale compie una duplice azione: medica le ferite del giorno e riunisce in un abbraccio la famiglia.
Temi di fondo sono la solitudine e la pace.
Nella lingua inglese ci sono due parole con cui si esprime l’essere soli: solitude (essere fisicamente solo) e loneliness (non avere legami con nessuno). Nella metropolitana in un’ora di punta o sulla piazza il giorno del mercato uno può sentirsi “lonely”, come ci si può sentire in compagnia mentre ci si trova soli al largo su di una barchetta o nel silenzio di un monastero. Il contrario della solitudine è la compagnia. Il contrario dell’isolamento è la com-unione. Solitudine ed isolamento sono situazioni del cuore e non semplicemente situazioni sociali.

La pace è quello che ogni uomo si augura tornando stanchi a casa dal lavoro. La pace con i propri cari e con se stessi. Il termine ebraico shalomin realtà è qualcosa di più della pace intesa come assenza di guerre,significa integrità fisica, garantita dalla presenza di tutto ciò che è necessario. È un augurio di benedizione e di armonia dei sentimenti.

L’ultimo capitolo pone al centro la festa. La domenica è il giorno in cui possiamo liberare la parte più intima e più grande di noi: rinnovare il rapporto con noi stessi, con Dio e con coloro che amiamo. Il parallelo con l’incontro internazionale delle famiglie svoltosi a Milano con a tema: “La famiglia, il lavoro e la festa” risulta naturale. È proprio il concetto di trasformare in festa il giorno del Signore che ci permette di ritrovare il giusto equilibrio tra affetti familiari e la fatica del lavoro.
Questo libro insegna a pregare offrendo notevoli spunti per la meditazione personale.

 

Felice Asnaghi