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Milano

«Lavorare sulla formazione dei Cori, strumento di evangelizzazione, con un’attenzione specifica ai giovani»

Presso la sede della Caritas Ambrosiana, si è svolta una Tavola rotonda dedicata al tema “I Pueri Cantores nel mondo e la Musica sacra dopo il Concilio Vaticano II”. Diverse le esperienze nazionali proposte, tra luci e ombre, durante l’incontro promosso nel contesto del 12° Festival delle Corali giovanili, “Giuseppe Zelioli”

di Annamaria BRACCINI

9 Luglio 2016

La musica, il canto, il coro come cibo spirituale.

Se, come diceva sant’Agostino, “chi canta prega due volte”, non vi è dubbio si debba saperlo fare, con attenzione e rispetto per la liturgia, l’armonia, i suoni. E, poiché, a tutto questo ci si educa, non si può perdere la sfida “con” e “per” le nuove generazioni, fin dai più piccoli.

Parlare di “Pueri Cantores” nella Tavola Rotonda che si è svolta a Milano, presso la sede di Caritas Ambrosiana, con i titolo “I Pueri Cantores nel mondo e la Musica sacra dopo il Concilio Vaticano” ha significato porre all’attenzione su tali nodi cruciali e in parte irrisolti. Inserito nel contesto del 12° Festival “Giuseppe Zelioli” che, a Lecco ha riunito 10 Corali giovanili provenienti da 8 Paesi europei, l’incontro è stato aperto da una breve riflessione introduttiva del vicario episcopale, monsignor Luca Bressan.

«La Diocesi di Milano ha bisogno a tornare a riflettere sul tema dei Cori», ha detto. «Due sono i motivi, anzitutto perché stiamo vivendo un passaggio culturale forte con un cambiamento del linguaggio giovanile che ne muta anche gli stili musicali. Inoltre, a cinquant’anni dalla chiusura dal Concilio, stiamo ancora cercando un equilibrio nell’esecuzione musicale delle nostre parrocchie, talvolta in parte affidata solo ai ragazzi – anzi “sequestrata”, per usare l’espressione utilizzata da Bressan –, mentre tutto il resto dell’assemblea sembra muto. Per questo è importante valorizzare quell’armonia che la tradizione ci ha consegnato».

«Occorre formare un livello musicale, ma soprattutto spirituale che deve basarsi sulla vita interiore cristiana dei bambini e giovani, avendo consapevolezza della propria identità e delle radici», gli ha fatto eco monsignor Robert Tirała, presidente polacco della “Federazione Internazionale dei Pueri Cantores” (FIPC) e responsabile, in questo periodo, anche della sezione musicale della prossima Gmg di Cracovia.

«Abbiamo creato una “Carta” della FIPC e vogliamo che ogni coro abbia un suo assistente spirituale», ha spiegato, illustrando il percorso storico dell’Organismo, nato, nella sua prima formulazione, per volontà dell’allora Arcivescovo di Parigi, Suhard, nel 1944 e riconosciuto come movimento dell’Azione Cattolica francese tre anni più tardi. Oggi la Federazione, dal 1996 Associazione Internazionale di fedeli di Diritto Pontificio, è presente in 24 Paesi, contando oltre 30 affiliate nazionali (con un avvicinamento all’America Latina e all’Africa), che si ritrovano ogni biennio, nei Congressi internazionali: il 41esimo sarà a Rio de Janeiro nel 2017, mentre, già tra pochi giorni dal 15 al 17 luglio, ad Assisi si svolgerà il 19esimo Congresso nazionale.

«In nostri ragazzi sono messaggeri di fede e di speranza, ma dobbiamo essere chiari sulle esigenze riguardanti la qualità della musica e il significato di appartenenza alla famiglia dei Pueri Cantores, che ha una grande capacità di aggregazione, perché, dietro il bambino c’è sempre la famiglia. Attraverso la musica abbiamo scoperto la possibilità di aprirci agli altri, anche a livello ecumenico e avvicinando mondi finora lontani da Dio».

«La musica e i valori trasmessi dai “Pueri” sono una via evangelizzatrice della Chiesa, così come aveva compreso il fondatore Maillet, che diceva: “domani, tutti i ragazzi canteranno la pace di Dio”», ha concluso monsignor Tirała, delineando la “Nuova Istruzione sulla musica sacra in Polonia”, redatta nel 2016. Documento che va nella direzione di un collegamento continuativo con le Università e i Conservatori, per elevare le possibilità di una esecuzione musicale proffesionistica, salvaguardando il patrimonio e la specificità della musica sacra e della liturgia.

Chiara e felice anche l’esperienza svizzera, portata alla Tavola rotonda dal presidente Robert Michaels, che ha evidenziato la necessità di una pianificazione annuale, della partecipazione attiva al canto da parte dell’intera assemblea e della formazione anche dei Maestri.

Pienamente concorde Carlo Fermalvento, responsabile musicale della Federazione italiana che ha messo in risalto luci e ombre degli ideali da proporre nel «servizio attento e conforme alla liturgia, nella formazione, nella dimensione missionaria, pastorale e sociale» dei giovani cantori.

Infine, monsignor Claudio Burgio, maestro della Cappella musicale del Duomo, ha delineato la situazione complessa del Pontificio Istituto di Musica Sacra di Milano. «Occorre ideare qualche percorso che, se non può arrivare a un contratto di categoria, ad esempio per gli organisti, renda possibile avere persone competenti. È chiaro che certi momenti educativi da bambini possono segnare la vita, anche nella vocazione e, comunque, nell’esperienza cristiana. Credo che l’unico modo sia tornare a formare musicisti. Il distacco, oggi forte, tra il Conservatorio e la Chiesa e una frattura tra il mondo musicale accademico e la liturgia, certamente non aiutano. La musica è lo strumento che permette al popolo di sentirsi assemblea e questo i Conservatori non lo hanno capito. Vedono la musica sacra ancora come uno spettacolo. Su questo bisogna insistere e lavorare».

Magari, come suggerisce monsignor Bressan, «promuovendo sinergie con realtà giovanili e oratoriane, quali la Fom; percorrendo a tappeto la Diocesi e spiegando che il Coro è un realtà educativa ed evangelizzatrice come le altre; rilanciando il Piams anche in collegamento con l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Milano; costruendo musica insieme ai giovani». Basti pensare a certi canti dell’oratorio feriale ambrosiano rimasti nella mente di tutti.

Anche perché la musica è un linguaggio universale, tanto che spesso, ormai, i Cori nelle parrocchie sono multietnici e plurilingue. Un fenomeno in crescita che, di questi tempi, è una buona notizia.