Share

La solennità

Maria nella gloria dei cieli
fra arte e tradizione

Le origini del culto legato all’Assunzione della Vergine e l’evoluzione della sua rappresentazione iconografica

di Luca FRIGERIO

10 Agosto 2014

Della morte di Maria e della sua glorificazione non si parla nei Vangeli. La questione, tuttavia, venne ben presto diffusa da testi apocrifi (come la Dormizione della Santa Madre di Dio, attribuita addirittura a san Giovanni evangelista) ed ebbe vasta risonanza in epoca medievale anche grazie alla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, frate domenicano che nel XIII secolo dedicò intense pagine all’assunzione in cielo della Beata Vergine.

Del resto, come autorevolmente scrisse già san Giovanni Damasceno, «era conveniente che Colei che nel parto aveva conservato integra la sua verginità, conservasse integro da corruzione il suo corpo dopo la morte. Era conveniente che colei che aveva portato nel seno il Creatore fatto bambino, abitasse nella dimora divina. Era conveniente che la Sposa di Dio entrasse nella casa celeste».

Dal punto di vista della rappresentazione iconografica, l’assunzione della Madonna, che propriamente è l’elevazione di Maria – anima e corpo – alla gloria celeste, in area occidentale viene rappresentata non prima del Mille e soltanto in alcune miniature, inglesi e tedesche. Ma già nel XII secolo il tema della Vergine che, inscritta in una mandorla di luce, ascende al cielo circondata da angeli pare diffondersi nelle sculture delle cattedrali francesi, dove spesso vengono rappresentati in sequenza i tre momenti della morte, dell’assunzione e dell’incoronazione della Madre di Dio.

In Italia l’episodio sembra imporsi nella pittura umbra e toscana sul finire del Duecento: Cimabue, infatti, con la sua composizione nella basilica superiore di San Francesco ad Assisi, consolida un modello che non verrà più abbandonato, dove alla Vergine elevata alla gloria celeste è aggiunto il particolare della tomba vuota, attorniata dai discepoli.

Si tratta di sacre rappresentazioni che si fanno via via sempre più solenni e vivaci, vere e proprie apoteosi mariane che hanno il loro culmine, lungo la complessa e variegata stagione del Rinascimento, nelle opere di Perugino, Raffaello o Filippino Lippi, culminando in quel capolavoro assoluto che è l’Assunzione dipinta da Tiziano nel 1518 per Santa Maria dei Frari a Venezia. Una sensibilità iconografica che non verrà meno con la Riforma cattolica tridentina, dove anzi, con il rinnovarsi del culto mariano, l’immagine dell’Assunta troverà nuovo vigore, raggiungendo esiti artistici di intenso impatto emotivo.