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Gocce di cultura

Per Olov Enquist, Il libro di Blanche e Marie, Iperborea, Milano 2006.

Traduzione di Katia De Marco. Postfazione di Dacia Maraini

Felice Asnaghi

23 Luglio 2014

«La modernità è interessante, ma mette anche paura. Si dice che la Svezia abbia i suoi due millenni di storia. In realtà è nata un centinaio di anni fa, a cavallo fra il XIX e il XX secolo: da che era uno dei paesi più poveri al mondo è diventato uno dei più ricchi. Per quanti che come me provengono dagli sperduti villaggi del nord, e che adesso vivono in una società opulenta e moderna, la domanda che poniamo a noi stessi è se non siamo per caso nel posto sbagliato. Forse è là che dovremmo ritornare». Sono parole riprese da Sebastiano Triulzi in un’intervista apparsa su “La Repubblica” del 2010 nella quale Per Olov Enquist traccia una sua accattivante biografia e dalla quale si tratteggia un personaggio inquieto, provato, segnato dall’alcool e dalle avversità coniugali eppure sempre attento alle cronache, capace di descrivere eventi di portata internazionale grazie anche ad amicizie del calibro di Ingmar Bergman, Olof Palmee di conseguenza testimone privilegiato del proprio tempo.
La sua produzione romanzesca si avvale di una accurata analisi storica fondata su documenti d’archivio.
Il libro di Blanche e Marie” pubblicato in Svezia nel 2004 nella sua traduzione italiana  del 2006, riporta nelle ultime pagine un intervento di Dacia Maraini che buona cosa sarebbe leggerlo prima del romanzo. La Maraini aiuta a capire l’autore ed i personaggi del romanzo. Donne e uomini a trecento sessanta gradi dove l’amore assume grande rilevanza al pari dei Premi Nobel. Quale è dunque il filo conduttore di questo avvincente e drammatico romanzo? È in quella frase d’inizio “Amor Omnia Vincit”, scritta come sottotitolo sulla copertina della cartelletta marrone che contiene i tre quaderni di appunti redatti con l’unica mano da Blanche Wittman. Tre quaderni di diverso colore dal titolo “Il libro delle domande” nelle quali si raccontano le storie di Blanche Wittman, Marie Curie, Jane Avril, Jean Martin Charcot e gli amori che vi si intrecciano viene da chiedersi «qual è “la formula chimica del desiderio”, il suo peso atomico, l’unità di misura dell’amore che potrebbe aiutare a capire la sua felicità e la sua inaudita sofferenza e a trovare quel nesso che darebbe un senso a tutto»
Un romanzo ambientato nella Parigi di fine Ottocento, ed inizio Novecento la cui trama si svolge all’interno dell’elite del mondo scientifico ( Pasteur, Ruthenrford, Froid, Mesmer, Charcot, Strindberg, Babinski) e tra le mura del Castello nel grande ospedale della Salpetrière  (in origine una fabbrica di salnitro) esso era il ricovero femminile per le mendicanti, le derelitti, le orfane, le prostitute e soprattutto malate di mente, le isteriche (circa seimila unità).

Il primo capitolo “Il canto dell’amputata” descrive per linee sommarie le vicende e i personaggi coinvolti nel romanzo, poi capitolo dopo capitolo entra nel merito. Il titolo ha origine dalle condizioni fisiche in cui si trova Blanche, colei che scrive. Le radiazioni azzurre (come vedremo nei capitoli a seguire) l’avevano ridotta al solo torso: senza le gambe e una mano e costretta a vivere su un carretto di legno.

Nel secondo capitolo “Il canto del coniglio”, l’autore presenta Sarah Bernhardt. Nata in un sobborgo della capitale francese, frutto di una relazione tra la madre prostituta e un conte italiano o un contadino locale di nome Fant. Nel tentativo di non cedere alle avances di un cliente  la giovane ragazza viene colpita da spasmi e attacchi d’isteria che spinsero la madre ad abbandonarla alla Salpetrière. La sua bellezza e la sua intelligenza suscitano la predilezione del direttore della grande struttura, il celebre J M Charcot, che se ne serve nei suoi esperimenti pubblici. Dichiarata guarita, la donna si rifà una vita al Moulin Rouge, col nome d’arte di Jane Avril e viene scelta dal pittore Toulouse-Lautrec come musa ispiratrice delle sue creazioni. Jane Avril deve molto alla Salpetrière. È  lì nelle cantine buie col pavimento in terra battuta, abitate da topi, chiamate, con un po’ di malizia, “Les loges des Folles” che conosce la morte di donne abbandonate e mangiate dai topi e impara “La danza dei folli”, il pezzo forte esibito in teatro che terminava spesso con un fremito alle narici, appunto, che faceva vibrare il naso come quello di un coniglio.

Nel terzo capitolo “Il canto del carro merci” si narra la storia di Marie Sklodowska.  Nata in Polonia la scienziata aveva sposato Pierre Curie e insieme si erano impegnati fortemente nello studio di un nuovo elemento naturale: il Radio. Dalle scorie di Pechblenda, ovvero i residui dell’estrazione dell’Uranio messi in ebollizione per isolare Polonio e Bismuto ricavano un nuovo elemento che emette radiazioni azzurre con un peso molecolare nuovo e ribattezzato Radio. Una scoperta che avrebbe rivoluzionato la scienza e la tecnica del Novecento per la quale le viene assegnato il Premio Nobel. Qualche anno dopo, nel 1911 Mare Curie ricevette un secondo Nobel per le sue ricerche in campo chimico.
Le radiazioni pian piano minano il fisico dei due scienziati e ne determinano la morte. Pierre ormai stanco e debilitato a soli quarantasei anni trova la morte sotto le ruote di un carro, Marie, dopo aver subito diversi interventi chirurgici, muore lasciando due figlie. In queste pagine l’autore accosta la figura di Marie a immagini poetiche della natura come le distese ghiacciate dell’Artico, i laghi della Polonia, uccelli che volano nella nebbia. Per descrivere l’amore tra Pierre e Marie inserisce la storia dell’uomo a due teste: una col nome di Pasqual, l’altra di Maria. Tra loro si sviluppa un rapporto di amore e odio, di passione e di incomprensione tanto che dopo nemmeno sette minuti dalla morte di una testa, l’altra smette di vivere.

Il capitolo quarto “Il canto del figlio del carrozziere” è la biografia di Jean Martin Charcot.
Figlio di un carrozziere, nel 1862, è nominato medico presso l’ospedale della Salpêtrière, dove gli viene affidato il reparto delle convulsionarie. Interessandosi in particolar modo all’isteriadecide di separare nel suo reparto le epilettiche dalle isteriche. È  il primo a utilizzare il termine “neurologia” per qualificare ciò che fino a quel momento si definiva come “malattia nervosa” e i suoi metodi danno anche un contributo notevole agli studi del Parkinson e della sclerosi a placche. Nel 1882viene creata per lui la cattedra di neurologia.
Per le sue esibizioni interne al mondo accademico e scientifico si avvale di ammalate e tra queste, Marie (detta Blanche) Wittman ripresa in un quadro di André Brouillet (copertina del libro). Tra il cinquantenne medico e la giovane paziente nasce un amore ideale, fortissimo sin dal primo incontro tanto da far scrivere nei quaderni di Blanche:
«Che rimasi marchiata a fuoco in lui, come un ferro rovente su un animale».
Un altro lato di questo grande scienziato “illuminista ammaliato dal mistero” è la sua origine religiosa. Nasce in una famiglia cattolica legata al movimento giansenista (la tomba del fondatore era meta di pellegrinaggi e motivo di guarigione), nutre un certo interesse per Lourdes e sulla facciata della sua casa a Neuilly fa incidere in francese una citazione del terzo canto della Divina Commedia che parla degli indecisi e dei tiepidi: «Fama di loro il mondo esser non lassa;/misericordia e giustizia li sdegna;/non ragioniam di loro ma guarda e passa»
Inoltre  in diverse fasi del raccontosi cita  questa frase del Vangelo: «Quando ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino; ma quando sono diventato uomo, ho smesso le cose da bambino.(1 Corinzi, 13)».

Nel capitolo quinto “Il canto della gelosia”  si pone al centro  il travolgente amore sbocciato tra la giovane Marie Curie e l’amico scienziato Paul Langevin, ex allievo di Pierre, sposato e padre di famiglia. Un rapporto che mette a repentaglio la reputazione e la carriera della donna e che per questo motivo dovrà pagare un prezzo assai pesante.  La loro alcova viene scoperta e dal luogo sparirono lettere d’amore compromettenti che ben presto vennero pubblicate sui giornali mettendo alla gogna la Curie e rischiando di compromettere perfino la consegna del Nobel.

Il capitolo sesto “Il canto della farfalla” evidenzia Blanche Wittman. La ragazza è la paziente preferita di Charcot per i suoi innovativi esperimenti terapeutici ed è ritenuta la “regina delle isteriche”. Tra queste pagine si descrive la donna negli anni della gioventù, l’incontro con il suo primo amore: semplice, bello e pulito. Lui le dedica una poesia nella quale la paragonava ad una farfalla fuggita dal cielo: la farfalla di Dio.

Il capitolo settimo “Il canto delle belve” è tutto incentrato sulla Curie. La relazione scandalosa con il Longevin  dà il via ad una campagna diffamatoria senza eguali. Non le resta che abbandonare Parigi e recarsi con le bambine a Sceaux. L’eco dei giornali arriva anche lì e la popolazione la vuole mandar via. Devono intervenire degli amici per proteggerla. Marie Curie è ricoverata in ospedale e poi lascia la Francia per l’Inghilterra. È Hertha  Ayrton, fisica di fama internazionale, che l’accoglie e le fa conoscere il movimento delle suffragette che si batte per il voto alle donne. Poi passa qualche mese di convalescenza al mare.

Il capitolo ottavo ha come titolo “Il canto della luce azzurra”. Blanche guarita dopo la morte di Charcot diventa assistente di laboratorio di Marie, sua amica e confidente. La donna è la testimone di cui Per Olov Enquistsi serve (come abbiamo letto nei capitoli precedenti) per intrecciare le due grandi avventure scientifiche che segnano l’inizio della modernità, il laboratorio delle ricerche sul radio e l’infernale gineceo della Salpêtrière, il più rinomato ospedale neurologico del tempo.  In questo capitolo è sempre la stessa Blanche che racconta gli ultimi momenti di vita del prof. Charcot vissuti con lei. I due si amano ma senza sfiorarsi. Anche nelle dimostrazioni scientifiche nelle quali bisognava toccare alcuni punti nevralgici del corpo della donna, Charcot preferisce lasciar fare ai suoi assistenti. Il professore ha già avuto problemi di cuore e sa che prima o poi un attacco più forte lo stroncherà definitivamente. Così si fa forza e invita Blanche Wittman a passare qualche giorno nel Morvan, accompagnato da due suoi assistenti medici. La morte avviene nella camera d’albergo, subito dopo il rapporto sessuale.

Il libro si chiude con la “Coda – punti di partenza”. Dopo la morte di Jean Martin Charcot viene innalzata una sua statua di bronzo all’ospedale della Salpetrière e vi rimase fino al 1942 quando i tedeschi la fusero per esigenze belliche. Nell’agosto del 1913 si incontrano per l’ultima volta Jane Avril, Blanche Wittman e Marie Curie.  Un mese dopo la Wittman muore per le radiazioni, mutilata degli arti. Nel luglio del 1934 Marie Curie è colpita da un’anemia perniciosa aplastica e muore.  

Hanno pagato con la vita l’amore per la scienza: gli esperimenti che hanno permesso lo sviluppo della tecnologia, della medicina purtroppo si sono rilevati dannosi per la loro salute. La radioattività è stata il compimento della loro esistenza. A loro dobbiamo molto e riconoscere la loro umanità è un modo per rendere omaggio al loro genio costituito anche da emozioni.