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Formazione

Profughi accolti dalla Caritas,
studiano per lavorare

In 50 profughi africani sono tornati sui banchi di scuola per imparare il mestiere di meccanico, imbianchino e aiuto cuoco

di Luisa BOVE

22 Aprile 2012

Martial, Daouda e Francis sono solo tre dei 50 profughi africani accolti da Caritas Ambrosiana che il 14 aprile hanno ricevuto l’attestato di partecipazione a corsi professionali di base per diventare meccanici, imbianchini o aiuto cuochi. I richiedenti asilo erano giunti sulle coste italiane nella primavera scorsa dopo le rivolte contro il regime di Geddafi.

Martial è nato in Camerun, dove viveva con sua madre. Ha solo 20 un diploma di scuola elementare. Quando è arrivato in Italia è andato a Pieve Emanuele e dal 30 maggio è ospitato a Milano nella Casa del giovane. «All’inizio ho studiato la lingua italiana», dice il giovane, «poi ho frequentato il corso di meccanica industriale di 40 ore e mi piacerebbe trovare lavoro in questo settore. Lo sto cercando, ma finora nessuno mi ha offerto un posto».

Le lezioni si sono tenute nella sede di Brugherio della Fondazione Clerici. «Era solo un corso base», ammette Martial. «Non solo noi della Casa del giovane, ma anche alcuni ragazzi che vivono in altri centri, vorremmo imparare di più. E se trovo un lavoro a Milano resto qui, perché per ora non posso tornare a casa».

Anche Daouda, 28 anni, ha lasciato il suo Paese, la Costa d’Avorio, e la sua famiglia, genitori e fratelli, «a causa della guerra». A casa, dice «avevo un campo e lavoravo la terra con i miei parenti». Poi la fuga. È arrivato a Milano il 25 luglio scorso da rifugiato e per qualche settimana ha trovato posto al dormitorio fondato da Fratel Ettore, “Il Villaggio della Misericordia”, nel quartiere Affori. Adesso vive anche lui alla Casa del Giovane. Lì, insieme ad altri 11, ha frequentato un corso professionale. Lui ha scelto l’edilizia: 160 ore in tutto per più di un mese. «Ho fatto teoria e pratica, ho imparato a montare i ponteggi e a fare la bonifica dell’amianto, anche sui tetti con l’imbragatura. La scuola era davvero buona», dice Daouda, «e ora spero di trovare un posto. Alla fine del corso ci hanno detto che avrebbero cercato di offrire borse lavoro a tutti». In effetti «è nata anche una collaborazione con il Celav del Comune di Milano per valutare questa possibilità», conferma Angela Convertini della Casa del giovane, che insieme ad altri colleghi fanno di tutto per aiutare questi ragazzi. Intanto Daouda da novembre sta anche frequentando una scuola per ottenere il diploma di terza media.

Dalla Costa d’Avorio viene anche Francis, 33 anni compiuti e un permesso di tre da rifugiato. Dopo essere sbarcato a Lampedusa nel giugno scorso è stato dirottato al Pensionato Botticelli di Lissone, dove vive ancora oggi. «Nel mio Paese ho fatto il muratore, il magazziniere e attività di commercio in una società», racconta l’uomo. «Qui invece ho frequentato il corso di meccanico industriale a Brugherio per tre mesi. Ora sto cercando lavoro: sono andato a Desio, a Biassono e a Seregno, ho portato il mio curriculum, però mi hanno detto che in questo momento non c’è possibilità. Devo aspettare», dice rattristato. «Ma io ho bisogno di lavorare, perché è dura! Sono disposto a fare qualunque lavoro, non solo il muratore o il meccanico, anche il magazziniere, l’imbianchino, le pulizie… qualunque cosa».

«Per loro il lavoro è il problema principale», dice Anna Piazza del Pensionato Botticelli, «anche se non risolve tutto, permette l’autonomia e restituisce dignità alle persone. Noi li aiutiamo a scrivere il curriculum e a cercare lavoro attraverso i Centri per l’impiego, ma in questo momento di crisi non è facile, anche loro però si muovono sul territorio in cerca di occupazione».