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Riflessione

Quarant’anni di Caritas in Italia

Don Roberto Davanzo: «Perché se non ci fosse dovremmo inventarla...»

di don Roberto DAVANZO Direttore della Caritas Ambrosiana

29 Ottobre 2011

“Quarant’anni di Caritas in Italia. Con i poveri verso la terra promessa” è il titolo che abbiamo dato alla giornata diocesana della Caritas Ambrosiana 2011. Un titolo che vuole reagire alla carica evocativa del numero 40. Un numero che, lo sappiamo, rimanda all’epopea dell’esodo, a quel lungo periodo che separerà l’uscita dalla schiavitù del popolo di Israele dall’ingresso nella terra promessa. Un periodo, un cammino tutt’altro che idilliaco, segnato da paure e pigrizie, da pericolose ricadute nel fascino dell’idolatria che riempie la pancia e non fa pensare.

Ebbene, mi piacerebbe paragonare questi primi 40 anni della Caritas in Italia a una specie di riedizione dell’esodo biblico, un periodo in cui la Chiesa in Italia ha continuato a camminare al fianco dei poveri, noi poveri come loro, per indirizzarci assieme verso una terra promessa che però dobbiamo precisare e definire. Una terra promessa che non sarà certo un mondo libero definitivamente dalla povertà. Una terra promessa che ci piace invece pensare almeno come una comunità cristiana dove la fraternità e la condivisione diventino la legge universalmente riconosciuta.

Certo, la Chiesa in Italia non ha scoperto l’esistenza dei poveri nel 1971 con la nascita di Caritas Italiana. Ma da quel momento ha scoperto che i poveri andavano accompagnati e curati secondo uno stile nuovo, con un metodo nuovo che si doveva ispirare al Vangelo e insieme all’insegnamento del Concilio Vaticano II.

Ora, non ci sono dubbi che in questi quarant’anni la Chiesa in Italia abbia investito moltissimo nell’intervento sociale in risposta ai bisogni sia materiali sia spirituali, sui temi della carità e del volontariato. Sappiamo anche molto bene che sul palcoscenico della comunicazione pubblica le figure apprezzate del ministero e dei laici sono prevalentemente quelle che sottolineano la funzione terapeutica o solidaristica del cristianesimo (monsignor Franco Giulio Brambilla).

Ma malgrado gli obiettivi rischi di una deriva operativistica del “fare la carità”, non possiamo dimenticare le preziose intuizioni e gli straordinari guadagni che dalla nascita di Caritas in Italia abbiamo gradualmente maturato. Mi riferisco, per esempio:

all’organizzazione territoriale di Caritas a livello di Zona, di Decanato, di Parrocchia e in questi ultimi anni anche a livello di Comunità pastorale; alla ramificazione dei Centri di ascolto e alla sapiente rilettura di quanto queste strutture ci permettono di intercettare attraverso l’Osservatorio Diocesano delle povertà e delle risorse;

all’attenzione al mondo giovanile; pur in una cornice di progressiva fatica da parte della Pastorale Giovanile a intercettare le sue sensibilità; non abbiamo mai smesso di ricercare i linguaggi e le proposte più idonee a incontrare la generosità giovanile e la sua capacità di sognare un mondo diverso;

alla ricerca di corretti equilibri nel rapporto con le pubbliche amministrazioni, senza cadere né in un collateralismo appiattente che finirebbe per fare il gioco di una concezione di sussidiarietà che sconfina nella supplenza, né in una supponente separazione in nome del principio di autonomia tra Chiesa e Stato;

alla sapiente coabitazione tra figure di operatori volontari e quelle di operatori professionisti organizzati in imprese sociali capaci di tenere insieme il carattere democratico dei loro consigli di amministrazione, nonché il legame ideale con Caritas Ambrosiana.

Di queste intuizioni siamo consapevoli e orgogliosi. Così come sappiamo bene quanta strada ancora dobbiamo fare perché il nostro camminare a fianco dei poveri sia rispettoso della nostra identità di Chiesa, bisognosa di lasciarsi cambiare dai poveri, prima ancora che di cambiare la loro condizione. Così come siamo convinti che il modo di operare che Caritas ha elaborato sia il più moderno e insieme il più autenticamente fedele al Vangelo. E per questo, se non ci fosse ancora, ecco il motivo per cui bisognerebbe inventarla!

Per celebrare tutto questo e per essere confermati nel nostro stile e la nostra operatività il 24 novembre il Papa Benedetto XVI dedicherà alle Caritas in Italia un momento di udienza nella Basilica di San Pietro. Anche noi andremo a Roma con una significativa rappresentanza: non per una gita turistica, ma per riaffermare al successore di Pietro la nostra fedeltà alla Chiesa universale nella sua missione di essere trasparenza dell’amore di Dio per gli uomini.