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2 novembre

Ritrovare la speranza,
fare rivivere i legami

Una commemorazione molto cara a credenti e non, seppure vissuta con spirito differente. «Chi è convinto della resurrezione - spiega il liturgista don Norberto Valli - è chiamato a una testimonianza ancora più forte e più viva nei riguardi degli incerti e dei dubbiosi»

di Luisa BOVE

27 Ottobre 2013

La commemorazione dei defunti del 2 novembre è tra le celebrazioni più partecipate non solo dai credenti, ma anche da chi frequenta poco la Chiesa. «Il ricordo dei defunti coinvolge tutti», esordisce don Norberto Valli, docente di liturgia al Seminario di Venegono e al Pontificio istituto liturgico di Roma. «C’è in gioco un affetto, un legame familiare, il desiderio di mantenere una relazione con chi non è più visibilmente tra noi. Il credente sente questa presenza ancora viva – pur in uno stato differente – perché ha la certezza che chi è passato all’altra vita vive in Dio; il non credente va al cimitero col desiderio di ritrovare un ricordo, un affetto… Questo legame semplicemente psicologico e affettivo è più povero».

La cultura di oggi nasconde e rimuove la morte, ma cimiteri e chiese sono affollati…
Qui si assiste all’innegabile bisogno di ritrovare i propri affetti, interrotti dal mistero della morte. Ma se da una parte la morte è esorcizzata, non se ne parla, si cerca di evitarne il contatto e si ha difficoltà ad assumerla come esperienza e condizione, dall’altra, prepotentemente la morte si presenta e si dà come realtà inesorabile. In queste circostanze emerge il bisogno innato della nostra umanità di trovare una speranza e di far rifiorire un legame. E così, anche le persone che abitualmente non ci pensano, in questi giorni si sentono comunque richiamate da una tradizione cristiana che ha lasciato un segno e chiama a rapporto. È come se facesse appello a ritrovare l’importanza di una riflessione su questo tema. Poi l’atteggiamento di chi si presenta al cimitero è vario: c’è chi va con la consapevolezza di pregare e chi semplicemente vuole osservare una tradizione a cui non si sente di rinunciare.

Eppure da recenti sondaggi risulta che non tutti i cristiani credono alla risurrezione dei morti…
Questo può essere un dato preoccupante perché la questione della risurrezione finale, della vittoria sulla morte, è un aspetto decisivo della vita cristiana: Cristo è risorto per portare a tutti la certezza che questa vita non si conclude, ma è chiamata alla beatitudine eterna e a godere della presenza in eterno di Dio. Se dei fratelli di fede smarriscono questa consapevolezza, significa che chi continua ad averla e la alimentano alla celebrazione e all’ascolto della Parola è chiamato a una testimonianza ancora più forte e più viva per consegnare anche a chi è incerto e dubbioso questa consapevolezza nodale nell’esperienza cristiana.

Quali sono gli aspetti più significativi dal punto di vista liturgico?
La celebrazione dell’Eucaristia del 2 novembre è caratterizzata da tre formulari, perché in questo giorno a ogni sacerdote è data la facoltà di celebrare tre Messe, ricordando anzitutto le intenzioni del Sommo Pontefice, poi tutti i defunti e nella terza scegliere eventualmente una propria intenzione particolare. Questa preghiera ci richiama al suffragio cristiano, all’intercessione perché i nostri defunti possano contemplare Dio in pienezza ed essere purificati definitivamente da quelle tracce di peccato che sono rimaste, quindi raggiungere la perfetta beatitudine insieme ai santi.

Ci sono poi i gesti popolari: la visita ai propri cari al cimitero portando i fiori e accendendo un lumino…
Questi gesti appartengono a una devozione privata: è il singolo che in questo modo vuole rinnovare il ricordo del proprio caro defunto ed esprimerlo anche visivamente. Ogni cero acceso, che esprime un legame di fede, ha un significato pasquale: ci richiama alla luce di Cristo che vince il buio della morte. La Chiesa però orienta questo andare al cimitero attraverso la scelta di un gesto comunitario: non si va come singoli, ma come popolo di Dio in cammino. Nella tradizione cristiana, soprattutto delle nostre terre, è molto presente questa processione che segue abitualmente la celebrazione solenne dei Vespri nel giorno dei Santi.

La morte è maestra di vita: aiuta a guardare all’essenziale, a ciò che davvero conta per tutti. Anche perché saremo giudicati sull’amore…
Certo. Il motivo essenziale e ricorrente, durante la celebrazione dei Santi prima e dei defunti poi, è la contemplazione di questo perfetto conformarsi a Cristo, che si vede nei Santi come espressione massima del loro amore di carità, della loro donazione totale. Si vorrebbe questa adesione a Cristo al massimo livello anche nei nostri defunti. Per questo si prega: affinché per la misericordia di Dio sia dato a loro ancora lo spazio per arrivare a questa totale conformazione all’amore del Signore.

Ma questo è un insegnamento anche per i vivi…
Sì, perché guardando al nostro ultimo obiettivo, l’incontro finale col Signore, siamo richiamati a una vita che di giorno in giorno esprima sempre di più il suo Vangelo e si conformi a Lui. La nostra beatitudine finale è il compimento di questo cammino progressivo di identificazione con il Signore Gesù. Questo avviene attraverso l’ascolto della sua Parola, la vita sacramentale, la preghiera assidua e costante, la conversione quotidiana.