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Seconda domenica

Scola: Gesù e la samaritana, incontro con una «periferia esistenziale»

L'Arcivescovo richiama un'espressione cara a papa Francesco, nel commentare il brano evangelico che presenta il personaggio della donna di Samaria. Ma Cristo rimane il protagonista nell'itinerario di Quaresima che ci guida alla scoperta della sua identità

del cardinale Angelo SCOLA Arcivescovo di Milano

12 Marzo 2017

La Quaresima è l’avvincente itinerario che la Chiesa propone a ogni uomo alla scoperta dell’identità di Gesù. Anche se in ognuna delle domeniche di questo periodo liturgico il Vangelo ci presenta un personaggio che dà il titolo alla domenica stessa (della samaritana, di Abramo, di Lazzaro…), il protagonista è sempre Cristo stesso.

Oggi fissiamo brevemente lo sguardo sull’incontro di Gesù con la samaritana – uno dei più belli, ricchi e conosciuti del Vangelo di Giovanni – per coglierne qualche spunto.

Da subito l’iniziativa la prende il Signore: «Le dice Gesù: “Dammi da bere”» (Gv 4,7). E Agostino commenta: «Colui che domandava da bere, aveva sete della fede di questa donna» (Agostino, In Jo.). Nella samaritana è prefigurata la Chiesa, cioè noi, la Sposa adultera che lo Sposo, come aveva profetato nella sua stessa vicenda umana il profeta Osea, ostinatamente continua a cercare e a perdonare.

Con un’espressione presa dai nostri giorni si può dire che la Samaria, ai tempi di Gesù, era una regione di grande meticciato: durante una delle tante invasioni gli Assiri ne avevano deportato gran parte degli abitanti, ripopolando poi quelle terre con loro coloni. Culti pagani si erano così mescolati con il culto del Dio di Israele. Dagli Ebrei perciò i Samaritani erano considerati impuri; per di più quella a cui Gesù chiede da bere è una donna e dalla condotta non proprio irreprensibile. Ma Gesù la incontra e “ha bisogno” di lei. Papa Francesco direbbe che sceglie una «periferia esistenziale».

Alla sorpresa e alla provocazione della donna – «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?» (Gv 4,9) – Gesù risponde proponendole un dono: «Se tu conoscessi il dono di Dio» (Gv 4,10).

Alla donna che voleva sapere dove recarsi per offrire il culto a Dio, Gesù risponde: non sei tanto tu che devi offrire a Dio, ma è Dio che si offre a te; e le si rivela (unico esempio di rivelazione diretta di Gesù a una singola persona) come Messia. «La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: “Venite a vedere [è la formula, tanto semplice quanto imponente, della missione] un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?”. Uscirono dalla città e andavano da lui» (Gv 4, 28-30). Se riconosciuto e accolto, il dono della fede diventa sorgente di vita, capace di soddisfare la sete di senso di ogni uomo.

«Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo – dicono i samaritani alla donna che aveva portato loro il primo annuncio –, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo» (Gv 4,42). È il primato, nella verifica della nostra fede, dell’esperienza sui “discorsi”. Perciò la missione richiede il primato della testimonianza e del racconto di vita sulla pura ripetizione dei valori.

L’oscurità del pozzo, la luce dell’acqua

La donna è sola, apparentemente. E si affaccia all’oscurità di un pozzo, sorta di abisso della coscienza. Il suo vestito è rosso. Scarlatto, come le colpe che fanno arrossire, come i peccati evocati dal profeta Isaia... È una ben strana interpretazione, quella che Sieger Köder sembra dare dell’episodio della Samaritana. Il pittore e sacerdote tedesco, morto novantenne due anni fa, non ci mostra Gesù seduto presso il pozzo di Giacobbe mentre parla con la donna di Sicar, come fanno invece tutti gli artisti delle varie epoche. Il nostro sguardo, infatti, cozza innanzitutto contro le pietre del pozzo stesso, grigie, massicce, che osserviamo come dall’interno, come se noi stessi fossimo rinchiusi in quella tenebrosa cavità. Presi da un senso d’angoscia alziamo allora gli occhi verso la fessura lattiginosa del cielo, quasi a richiamare l’attenzione della donna. Che però sorride, e guarda in basso. Soltanto ora ci rendiamo conto che sulla superficie dell’acqua, in fondo al pozzo, si riflette l’immagine di due volti: quello della Samaritana, abbassato e pensoso; e quello di Gesù, che la guarda con tenerezza. Quando più ti senti sprofondare, sembra dirci Köder, proprio là puoi trovare la presenza del Signore, puoi sperimentare il suo amore. Quando pensi di aver toccato il fondo, puoi ristorarti all’acqua della salvezza: «Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». E dalle tenebre si rinasce alla luce.
Luca Frigerio

 

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