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Lombardia

Senza assistenza sanitaria
20-40 mila stranieri

Rapporto del Naga: sono in Italia in media da cinque anni e mezzo, ma due su tre sono stati visitati solo da associazioni, mai da ospedali o ambulatori pubblici

di Silvio MENGOTTO

6 Marzo 2012

Naga, Casa per la Pace Milano, Centro Internazionale Helder Camara Onlus e Sant’Angelo Solidale Onlus hanno presentato i risultati di una indagine svolta a Milano, dalla quale emerge il difficile accesso alle cure per i cittadini rumeni e bulgari in città e in Lombardia.

Sono molti i comunitari di fatto privi di una copertura sanitaria. In coerenza con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 (art. 25), fatta propria dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), in Italia l’accesso alle cure è garantito anche per gli immigrati senza permesso di soggiorno, come prevede l’articolo 35 del Dl 25 luglio 1998, n. 286. Nello specifico si afferma: «Uno straniero anche irregolarmente presente sul territorio nazionale potrà comunque usufruire delle cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti o essenziali, ancorchè continuative utilizzando il codice Straniero Temporaneamente Presente (Stp)». Dal 31 dicembre 2007 rumeni e bulgari sono cittadini europei: in quanto tali, hanno diritto all’assistenza sanitaria solo se in possesso di alcuni requisiti, ovvero se lavoratori o titolari della tessera Team (Tessera Europea di Assicurazione Malattia), rilasciata dal proprio Paese di origine con validità europea. Non tutti i rumeni o bulgari presenti nel nostro territorio nazionale hanno questa tessera, a causa delle gravi carenze del sistema sanitario nei loro Paesi. Per risolvere il problema, la maggior parte delle regioni italiane ha sostituito il codice Stp con il codice Eni (Europei Non Iscritti) che ha le stesse caratteristiche previste dal codice Sto e dal Testo Unico sull’immigrazione. Questi neocomunitari – se disoccupati, lavoratori in nero o con familiari a carico – si ritrovano privi di copertura sanitaria.

Per i volontari del Naga, la Regione Lombardia, pur avendo emanato una circolare che stabilisce che i cittadini comunitari hanno diritto alle prestazioni indicate dalla legge, «non ha definito quale codice possa essere attribuito a questi pazienti al posto dell’Stp. La normativa vigente in Lombardia ha dunque solo un valore formale e riconosce il diritto alla salute solo sulla carta».

In due mesi a Milano sono stati raccolti 238 casi complessivi su base annua corrispondente a circa 1400 pazienti. Nell’indagine si afferma che «i cittadini rumeni in Lombardia sono stimati essere 129 mila, di cui 13 mila rom e sinti, e 9000 i bulgari. Le persone che hanno perso il diritto al codice Stp sono buona parte dei 38 mila cittdaini rumeni e bulgari stimati presenti, ma non iscritti all’anagrafe, e dei 19 mila iscritti ma non occupati, od occupati in nero: in totale 20 mila – 40 mila persone».

I dati raccolti si riferiscono a 167 adulti, di cui il 56% costituito da cittadini rom rumeni, il 40% da cittadini rumeni e il 4% da bulgari. Sono stati raccolti dati relativi a 71 bambini, di età inferiore ai 14 anni – età media 6 anni -, tutti di nazionalità rumena. Il 94,4% vive nei campi irregolari. Tutte le associazioni hanno lanciato un appello con cinque concrete proposte: tutti i cittadini rumeni e bulgari abbiano accesso al medico di medicina generale; tutti i bambini abbiano accesso al pediatra di base; i Consultori Familiari rispettino la vigente legislazione che prevede piena assistenza per le donne gravide; le vaccinazioni obbligatorie e un presidio di riferimento in ogni ospedale al quale possano accedere questi pazienti per facilitare l’accesso ai servizi sanitari.

Il rapporto Comunitari Senza Copertura Sanitaria è disponibile su www.naga.it