Share

Un caffè sempre più “salato”

Nell'ultimo anno a Milano il prezzo della colazione al bar è aumentato del 15%. I consumatori attaccano, i baristi si difendono

1 Ottobre 2008

02/10/2008

di Cristina CONTI

Caffè al bar? Sì, grazie. Anche se costa davvero caro. In un momento di crisi generale dei consumi e nonostante i prezzi in salita, infatti, i milanesi non rinunciano al rito della tazzina: sono 700 mila i caffè e i cappuccini consumati ogni giorno mediamente nei bar del capoluogo lombardo, circa 350 per ogni locale. E i guadagni sono da capogiro: ben 630 mila euro al giorno. Il 90% dei clienti lo preferisce al mattino, tra le 7 e le 10.30, per svegliarsi e iniziare la giornata con il piede giusto.

Contro il caro-caffè intervengono le associazioni dei consumatori. L’Adoc (Associazione nazionale per la difesa e l’orientamento dei consumatori) ha calcolato che solo negli ultimi dodici mesi il prezzo della colazione fuori casa è aumentato del 14,7%. «Un costo davvero alto per una consumazione che comunque è un rito quotidiano, a cui gli italiani non rinuciano», sottolineano dall’associazione.

Se nel 2000 il prezzo massimo di un caffè era 1,03 euro, oggi si arriva a 1,30 per il caffè consumato al bancone. Stessa cosa per il cappuccino, passato da 1,23 a 1,60 euro e per la brioche, da 0,93 a 1,50. In soli otto anni, insomma, il prezzo è salito del 40%.

Ma rispetto ai ricavi, i soldi spesi dal barista non sono poi così tanti. La miscela che compra alla torrefazione varia da 20 a 35 euro al chilo, a seconda della qualità. Ogni tazzina costa al gestore 0,20 centesimi, con un ricavo del 600%. «È vero, ma occorre tener presente altri costi di gestione che penalizzano i bar – precisa Lino Stoppani, presidente dei pubblici esercizi milanesi (Epam) -. Se consideriamo l’aumento generale del costo della vita, quello del caffè al bar è davvero irrisorio».

Aumento spaventoso degli affitti, costo dell’energia e delle materie prime pesano inevitabilmente sui rincari. «Nel costo della tazzina confluiscono tutte le spese che gravano sui gestori – aggiunge Stoppani -. L’aumento dei bar è conseguenza di una situazione economica difficile per tutti». Dopotutto, in un periodo di crisi in cui già molti rinunciano all’happy hour e a pranzo preferiscono il panino portato da casa, il guadagno deve pur arrivare da qualche parte.