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L’intellettuale

«Un grande fermento accademico e culturale»

Gli anni trascorsi dal cardinale Scola quale rettore della Pontificia Università Lateranense

19 Settembre 2011
Roma 16-11-1999 Papa Giovanni Paolo II nella foto con il rettore mons. Angelo Scoila inaugura la nuova sede della Pontificia Universitˆ Lateranense

L’annuncio è stato dato il 28 giugno scorso. Angelo Scola, patriarca di Venezia e rettore dell’Università Lateranese dal 1995 al 2002, è stato nominato da Benedetto XVI nuovo arcivescovo di Milano. Per ricordare un capitolo importante della storia dell’Università, abbiamo chiesto una testimonianza a Margherita Sani, attualmente responsabile dell’Ufficio istituti associati, che conosce Scola da quasi trent’anni. Margherita infatti ha lavorato come segretaria prima all’Istituto Giovanni Paolo II (dal 1982 al 1996) e poi per alcuni anni proprio nella segreteria personale del Rettore Scola.

Margherita, ha conosciuto il cardinale Scola ancora prima che diventasse rettore, quando cioè era professore stabile di Antropologia teologica presso l’Istituto Giovanni Paolo II. Che cosa ricorda di quegli anni?
Il “giovane” professor Scola arrivò all’Istituto nel 1982 (siamo stati assunti lo stesso giorno, il 1° ottobre) e si inserì subito con grande impegno e profonda dedizione nel gruppo dei docenti stabili “fondatori”, costituito fra gli altri dall’allora preside Carlo Caffarra (ora cardinale arcivescovo di Bologna). Ricordo che i suoi studenti – sia all’Istituto che nella Facoltà di teologia della Pontificia Università Lateranense, dove per alcuni anni insegnò Cristologia contemporanea – rimanevano sempre affascinati dallo spessore delle sue lezioni, dalla profondità e originalità delle sue riflessioni e dalla disponibilità con la quale Scola si dedicava a quanti di loro gli chiedevano un aiuto anche per questioni non accademiche. Ma fino al 1991 – anno in cui Giovanni Paolo II lo nominò vescovo di Grosseto – fu anche altrettanto attivamente coinvolto, con la vigorosa energia che lo contraddistingue tuttora, nelle altre numerose attività promosse in quegli anni dall’Istituto, dai primi corsi di bioetica per medici provenienti da tutta Italia (si era agli albori dei problemi collegati alla procreazione assistita) ai congressi internazionali di Teologia morale, dall’avvio della rivista Anthropotes e delle collane di studio all’apertura delle prime sedi extraurbane negli Usa e in Messico.

Dopo l’esperienza come Pastore di Grosseto, Scola torna al Laterano da rettore…
Sì, nel 1995 papa Giovanni Paolo II lo nomina prima rettore della Pontificia Università Lateranense e poi anche preside dell’Istituto Giovanni Paolo II. Ma in realtà non fu un vero “ritorno”, perché non li aveva mai davvero “lasciati”: infatti, anche come vescovo di Grosseto, continuò a venire a Roma regolarmente per le sue lezioni di Antropologia teologica.

Dal suo punto di vista, quali sono stati gli aspetti più significativi del suo Rettorato?
Quelli del "Rettorato Scola" sono stati anni di grande fermento accademico, culturale e “logistico”. Vorrei ricordare almeno due avvenimenti straordinari che lo hanno caratterizzato: l’inizio del Terzo Millennio e il Grande Giubileo del 2000. Ecco, secondo me il rettore Scola si è adoperato per far sì che l’Università fosse pronta ad affrontare questi appuntamenti, attraverso un processo di trasformazione e innovazione che la proiettasse nel futuro, nel rispetto però della sua storia bicentenaria e della sua tradizione.

Potrebbe raccontare qualche ricordo personale dell’uomo?
È una persona dotata di grandi capacità organizzative, infaticabile, completamente dedita al compito affidatogli: ricordo che al mattino arrivava sempre prestissimo in ufficio, già pimpante quando noi a quell’ora ancora annaspavamo, con una serie di fogli di appunti che diceva di aver preso durante la notte (teneva un blocco sul comodino!). Molto esigente sul lavoro, ha un carattere deciso, ma mai prevaricante: con il suo entusiasmo sapeva sempre come coinvolgere tutti i suoi collaboratori, con i quali amava condividere ogni particolare dei progetti che intraprendeva. Questo faceva sì che lavorando con lui non si poteva non imparare il gusto per il lavoro in gruppo, al di là delle mansioni di ciascuno. Un altro aspetto che mi piace sottolineare è quello del rispetto e della riconoscenza che ha sempre nutrito per tutti i “maestri”, dagli ex-rettori ed ex-professori della Lateranense ai vescovi e cardinali “in pensione” che avevano lavorato per la Curia Romana: ricordo ancora la premura di inviare sempre una macchina a chi di loro manifestava il desiderio di essere presente in occasione del Dies academicus o di qualche altra manifestazione».

Intervista completa su www.pul.it