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Storia e liturgia/2

I Compatroni dei milanesi
San Galdino e San Carlo

La secolare tradizione che da san Dionigi I e da sant’Ambrogio, passando attraverso san Galdino e san Carlo, è giunta fino all’epoca moderna, ha trovato nel XX secolo altri due “santi” Arcivescovi che in maniera originale e personale hanno arricchito e rivissuto l'“ambrosianità”: i beati cardinali Andrea Carlo Ferrari e Alfredo Ildefonso Schuster

21 Febbraio 2011

San Galdino, Arcivescovo nel XII secolo, si rivelò vero defensor civitatis, anzi ricostruttore di Milano dopo la distruzione della città da parte delle truppe imperiali di Federico Barbarossa; ma insieme fu anche pater pauperum, padre dei poveri, attraverso opere concrete di carità e di assistenza verso i più bisognosi in simili frangenti; e infine fu anche indefesso predicatore della Parola di Dio e della dottrina della Chiesa contro gli errori del tempo, morto emblematicamente sul pulpito della cattedrale mentre stava parlando al popolo.
Per tutto questo Galdino fu scelto dai Milanesi come compatrono della Diocesi insieme ad Ambrogio, fino a quando un altro santo vescovo, con la sua opera gigantesca, ne oscurò un poco la memoria e ne “scippò” quasi il ruolo, tanto da associare in maniera indelebile il proprio nome a quello del patrono: e così la Chiesa di sant’Ambrogio divenne la Chiesa dei santi Ambrogio e Carlo.
In effetti l’episcopato di Carlo Borromeo (1560-1584) fu per così dire una “rifondazione” della Chiesa ambrosiana: basti pensare che la sua opera pastorale, metodica, estesa e capillare, venne assunta come paradigmatica in tutta l’Europa cattolica post-tridentina e san Carlo stesso divenne l’incarnazione della figura ideale del Vescovo, letteralmente e fisicamente consumato dallo zelo per la salvezza delle anime, dall’ascesi personale rigorosa, dalla preghiera capace di giungere fino alle altezze mistiche e dall’attività capace di giungere fino allo sfinimento. Fino alla morte.
La secolare tradizione che da san Dionigi I e da sant’Ambrogio, passando attraverso san Galdino e san Carlo, è giunta fino all’epoca moderna, ha trovato nel XX secolo altri due “santi” Arcivescovi che in maniera originale e personale hanno arricchito e rivissuto tale “ambrosianità”: i beati cardinali Andrea Carlo Ferrari e Alfredo Ildefonso Schuster. Il primo coniugando il proprio ministero pastorale in un intelligente dialogo con i problemi imposti dai nuovi tempi; il secondo proponendosi come “icona” vivente del primato della preghiera e della contemplazione quale fondamento della sua pur feconda attività apostolica.