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Il coraggio di essere viaggiatori, non semplici turisti

Una interessante - e sferzante - riflessione di Antonio Raimondi, presidente del Vis (Onlus dei salesiani) su cosa significa e cosa comporta essere dei veri "viaggiatori" piuttosto che dei semplici "turisti". Una differenza non di poco conto...

653 - Itinerari Redazione Diocesi

7 Ottobre 2003

di Antonio Raimondi
(Presidente Vis)

Il viaggio! Nei momenti di cupa depressione quotidiana, sogniamo spesso di fare un viaggio, magari lontano, in una isola esotica, dove si ritorna cacciatori e raccoglitori, senza regole sociali predeterminate da altri.
Poi, quando ciò si realizza, ci rendiamo conto di essere dei frustrati e depressi anche a diecimila chilometri di distanza e che la paura di vivere ce la portiamo dentro di noi.
Le nostre ansie, fobie, depressioni, paure, complessi: tutto è nella nostra testa, nella nostra anima, nella nostre viscere: questo semplicemente perché siamo “turisti”, non viaggiatori. Il turista è colui che ha già tutto organizzato, compreso l’esotico safari; ma soprattutto ha già in tasca il biglietto di ritorno con la data prefissata.
Oggi, nella massificazione globale, sono tanti i Brambilla, i Rossi, gli Esposito, i Smith, i Grass, i Gonzalez, i Benoit che fanno i turisti, principalmente nei villaggi artefatti di mezzo mondo, acquistando i famosi “pacchetti all inclusive” dei Last Minute.
Te li ritrovi puntualmente su tutti i voli, di qualsiasi compagnia aerea, in gruppo, con le immancabili telecamere digitali Sony e con le immancabili battute pseudo comiche.
Vanno a Malindi e dicono di essere stati in Kenya; vanno a Punta Cana e dicono di essere stati a Santo Domingo; vanno, a Jerba e dicono di essere stati in Tunisia, ma l’apice si raggiunge quando vanno a Sharm el Sheik e dicono di essere stati in Egitto.
Viaggiare è ben altra cosa! Potremmo interrogare su questo argomento un certo Ulisse, che di viaggi se ne intendeva alquanto. Puoi avere una meta, ma può cambiare strada facendo. Puoi avere una meta, ma non sai bene quale strada percorrere. Puoi avere una meta, ma non sai se la raggiungerai mai. Puoi avere una meta e non sai se tornerai mai più indietro.
Intraprendere un viaggio significa innanzitutto uscire da se stessi, dalle proprie certezze e andare incontro all’altro, all’ignoto. Vuol dire rimettersi in gioco: conoscere nuove persone e nuove culture ti può far crollare certezze che sembravano indelebili.
Il concetto stesso di civiltà (e di inciviltà) tracolla. Solo chi ha una propria identità, può permettersi di incontrare l’altro e considerarlo tranquillamente come un Uomo appartenente alla comune razza umana, il cui destino è indissolubilmente legato al nostro.

(Tratto dall’introduzione al catalogo
della mostra fotografica: "Un mondo possibile")

Presentazione della mostra fotografica:
UN MONDO POSSIBILE