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Tremezzo: Villa Carlotta

11 Marzo 2003

«La villa è piena di opere d’arte, lo dicono tutte le guide».
«E hanno ragione», conferma il nostro amico, giocherellando con una cesoia improvvisamente uscita da un’altra tasca del grembiule.

«Il Sommariva», ci spiega pazientemente, «era anche un instancabile collezionista. Un mecenate, che sostenendo le arti e gli artisti riusciva a farsi perdonare certi peccatucci… Questo palazzo sul Lago di Como divenne così anche la sua galleria personale, ammirata e invidiata. Capisce?».
«Sì, certo…», mormoriamo, non del tutto convinti. Poi, per darci un contegno, aggiungiamo alla svelta un’altra domanda.
«Ma Carlotta chi era? La moglie del Clerici? L’amante del Sommariva?». «Ma va!», esclama ridendo da sotto il cappello il vecchio.
«Carlotta, caro il mio signore, era la figlia di Marianna di Nassau… Già, dall’espressione della sua faccia capisco che questo nome non le dice nulla. Marianna era la principessa dei Paesi Bassi, moglie di Alberto di Prussia. Nel 1834 acquistò per una notevole somma questa villa, con l’intero giardino e la splendida collezione d’arte, e donò il tutto alla figlia Carlotta il giorno delle sue nozze».
«Un bel regalo…», pensiamo a voce alta, complice forse l’invidia. «Senza dubbio. Un regalo che mostrò di gradire assai anche il marito di Carlotta, Giorgio II Meiningen, granduca di Sassonia». «Amava questi luoghi?», ci informiamo. «Molti, tra i signori di tutta Europa, li hanno amati», risponde grave il vecchietto.
«Ma il granduca aveva un motivo in più per apprezzare questo possedimento di Tremezzo: come il Sommariva, anch’egli era una patito della botanica, un maniaco di fiori e piante, un entusiasta creatore di verdi prospettive… Sotto la sua guida, il giardino di Villa Carlotta divenne uno dei più belli e importanti del Lario. Forse d’Italia, persino».
Cambiando lentamente posizione, l’uomo si raddrizzò, mentre il suo sguardo scivola dietro le nostre spalle, accarezzando i magnifici rododendri, le siepi di camelie, le numerosissime azalee. Poi si lascia sfuggire un sospiro, forse di nostalgia, o più probabilmente di sollievo. Soltanto allora ci prende la curiosità di sapere chi sia, quel nostro compagno.
«Già, non mi sono presentato…», si scusa. «Sono Giovanni, uno dei giardinieri della villa. Ecco, vede quegli alberi ad alto fusto laggiù? Ho aiutato anch’io a piantarli. Al granduca piacevano tanto…», e così dicendo punta una mano ossuta verso una coloratissima macchia di piante, rimanendo per qualche secondo con il braccio teso a mezz’aria.
«Ma quelli, quelli avranno più di un secolo di vita!», quasi urliamo, esterrefatti. «Eh già, come passa il tempo. Ma ora devo proprio salutarla. Mi ha fatto piacere parlare con lei. Le auguro una buona giornata e, soprattutto, un buona passeggiata. Arrivederci».
E come era arrivato, il vecchietto dalla corta barba bianca e dal grande cappello scompare, lasciandoci con i nostri dubbi e i nostri sogni.
Ma l’avevamo detto: a Villa Carlotta tutto può succedere. Basta volerlo.