Share

Ricordo

Così Alda Merini si “specchiava” nell’uomo della croce

Dalla personale esperienza del dolore e dall'approdo alla verità del Vangelo, tutta la tensione spirituale e l'ispirazione creativa della poetessa scomparsa ieri a Milano

di Marco BALLARINI Biblioteca Ambrosiana Redazione

3 Novembre 2009
ALDA MERINI CON L'ATTRICE MITA MEDICI

«Domandano tutti come si fa a scrivere un libro. Si va vicino a Dio e gli si dice: feconda la mia mente, mettiti nel mio cuore e portami via dagli altri, rapiscimi. Così nascono i libri, così nascono i poeti» (Corpo d’amore).
Così sono nati i libri di Alda Merini, gli ultimi in particolare (Corpo d’amore. Un incontro con Gesù, 2001; Magnificat. Un incontro con Maria, 2002; Poema della croce, 2004; Cantico dei Vangeli, 2006; Francesco. Cantico di una creatura, 2007), come se avesse trovato nel mare dell’amore di Dio, e nel mare dell’amore del Figlio di Dio, un azzurro sufficientemente profondo per potersi specchiare. Attraversata la terra delle passioni e del dolore umano, è approdata alle acque limpide del Vangelo da cui ha attinto nuove voci e nuove immagini per raccontare se stessa e il “suo” Dio.
Cristo «grande catastrofe» («mia spirituale rovina» cantava David, il frate poeta) ha fatto irruzione nella sua vita e lei l’ha seguito lungo l’orrenda scorciatoia presa per salire al Padre, fino al palcoscenico del Golgota dove si è consumato il disumano spettacolo della croce. Su quella strada ha scoperto la profondità, l’abisso della sua anima, inevitabile «giaciglio di bene e di male» per cui ogni occasione d’amore si fa cerchio di spine e mentre vorremmo gridare “ti amo” esce da noi il sibilo di parole distorte: “ti odio”. Nessuno lo sa meglio di chi fu volgarmente detta “donna d’amore” e ha subìto, in amore, tanti rovesci di fortuna. Ora si specchia in lui, dissetato con l’ultima spugna di aceto, nettare per le sue labbra ormai secche: «Quello che tutti gli uomini non avevano capito è che io, il Figlio di Dio fatto uomo, il Messia, avevo soltanto sete d’amore» (Poema della croce).
Come la sua follia si colora del riflesso dell’altra, quella di un figlio di falegname veramente pazzo a mettersi in discussione con Dio. Anche la follia, allora, è stata redenta, figlia di Dio anch’essa dal giorno della croce.
Donna d’amore, di passione, ne ha sperimentato tutta la forza distruttiva; nella passione c’è odio, divisione, il corpo si spezza in mille parti che l’anima non riesce più a riunire. Eppure quella croce, quel legno su cui giustamente va a morire il figlio di un falegname, sarà come falce che «falcerà tutti i reprobi della terra», annienterà tutto il male del mondo, riunirà tutti i dispersi.
Per lui, e per lei, è proprio l’esperienza del dolore a fare scaturire, come da roccia battuta e ribattuta, lo zampillo della poesia: lui, pane di Dio in terra «che trasmuta le lacrime in vino dolce. / Comunione dei forti, / comunione dei deboli, / fonte di ispirazione per i poeti»; lei persa, e ritrovata nel dolore, sterminata pianura entro cui cade la voce dell’uomo Dio: «Ecco la Terra Santa, ecco il deserto della fede, ecco lo strapiombo della luce, perché il Verbo, la parola, la poesia, e persino gli angeli, e persino le mosche, nascono unicamente da quella terra tragica e possente che è il dolore dell’uomo» (Poema della croce). Non sapremo mai dire quanti dolori può provare l’uomo, ma sono tutti numerati, e tutti li conosce Gesù, «lacrima di Dio».
«Fuggirò da questo sepolcro», dice Gesù a conclusione del Cantico dei Vangeli, «come un angelo calpestato a morte dal sogno, / ma io troverò la frontiera della mia parola. / Addio crocifissione, / in me non c’è mai stato niente: / sono soltanto un uomo risorto». Invochiamo, ora, che le frontiere delle due parole si confondano e anche la “donna d’amore”, la “folle”, la poetessa Alda Merini possa essere soltanto una donna risorta. «Domandano tutti come si fa a scrivere un libro. Si va vicino a Dio e gli si dice: feconda la mia mente, mettiti nel mio cuore e portami via dagli altri, rapiscimi. Così nascono i libri, così nascono i poeti» (Corpo d’amore).Così sono nati i libri di Alda Merini, gli ultimi in particolare (Corpo d’amore. Un incontro con Gesù, 2001; Magnificat. Un incontro con Maria, 2002; Poema della croce, 2004; Cantico dei Vangeli, 2006; Francesco. Cantico di una creatura, 2007), come se avesse trovato nel mare dell’amore di Dio, e nel mare dell’amore del Figlio di Dio, un azzurro sufficientemente profondo per potersi specchiare. Attraversata la terra delle passioni e del dolore umano, è approdata alle acque limpide del Vangelo da cui ha attinto nuove voci e nuove immagini per raccontare se stessa e il “suo” Dio.Cristo «grande catastrofe» («mia spirituale rovina» cantava David, il frate poeta) ha fatto irruzione nella sua vita e lei l’ha seguito lungo l’orrenda scorciatoia presa per salire al Padre, fino al palcoscenico del Golgota dove si è consumato il disumano spettacolo della croce. Su quella strada ha scoperto la profondità, l’abisso della sua anima, inevitabile «giaciglio di bene e di male» per cui ogni occasione d’amore si fa cerchio di spine e mentre vorremmo gridare “ti amo” esce da noi il sibilo di parole distorte: “ti odio”. Nessuno lo sa meglio di chi fu volgarmente detta “donna d’amore” e ha subìto, in amore, tanti rovesci di fortuna. Ora si specchia in lui, dissetato con l’ultima spugna di aceto, nettare per le sue labbra ormai secche: «Quello che tutti gli uomini non avevano capito è che io, il Figlio di Dio fatto uomo, il Messia, avevo soltanto sete d’amore» (Poema della croce).Come la sua follia si colora del riflesso dell’altra, quella di un figlio di falegname veramente pazzo a mettersi in discussione con Dio. Anche la follia, allora, è stata redenta, figlia di Dio anch’essa dal giorno della croce.Donna d’amore, di passione, ne ha sperimentato tutta la forza distruttiva; nella passione c’è odio, divisione, il corpo si spezza in mille parti che l’anima non riesce più a riunire. Eppure quella croce, quel legno su cui giustamente va a morire il figlio di un falegname, sarà come falce che «falcerà tutti i reprobi della terra», annienterà tutto il male del mondo, riunirà tutti i dispersi.Per lui, e per lei, è proprio l’esperienza del dolore a fare scaturire, come da roccia battuta e ribattuta, lo zampillo della poesia: lui, pane di Dio in terra «che trasmuta le lacrime in vino dolce. / Comunione dei forti, / comunione dei deboli, / fonte di ispirazione per i poeti»; lei persa, e ritrovata nel dolore, sterminata pianura entro cui cade la voce dell’uomo Dio: «Ecco la Terra Santa, ecco il deserto della fede, ecco lo strapiombo della luce, perché il Verbo, la parola, la poesia, e persino gli angeli, e persino le mosche, nascono unicamente da quella terra tragica e possente che è il dolore dell’uomo» (Poema della croce). Non sapremo mai dire quanti dolori può provare l’uomo, ma sono tutti numerati, e tutti li conosce Gesù, «lacrima di Dio».«Fuggirò da questo sepolcro», dice Gesù a conclusione del Cantico dei Vangeli, «come un angelo calpestato a morte dal sogno, / ma io troverò la frontiera della mia parola. / Addio crocifissione, / in me non c’è mai stato niente: / sono soltanto un uomo risorto». Invochiamo, ora, che le frontiere delle due parole si confondano e anche la “donna d’amore”, la “folle”, la poetessa Alda Merini possa essere soltanto una donna risorta.