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Intervista

Violenza giovanile, chi si sente responsabile?

Tra crisi della famiglia e abbandono educativo: parla Paola Soave, vicepresidente del Forum delle associazioni familiari

Luigi CRIMELLA Redazione

17 Febbraio 2009

Accanto alle violenze sessuali compiute da immigrati, la cronaca registra altrettanti episodi analoghi a opera di giovanissimi, questa volta italiani, con forme preoccupanti di spettacolarizzazione fino al rischio della vita. Ne parliamo con Paola Soave, vicepresidente del Forum delle associazioni familiari, ex-insegnante e animatrice dell’associazionismo di base delle famiglie e – sottolinea – «nonna con otto nipoti alle prese coi problemi tipici della gioventù odierna».

L’opinione pubblica appare molto colpita dal diffondersi di casi di violenza sessuale, non solo a opera di immigrati irregolari, ma anche di minorenni italiani verso coetanee giovanissime. Inoltre si registrano casi impressionanti di violenze gratuite di altro genere, anche autolesionistiche, come il filmarsi in auto a folle velocità, oppure dare o darsi fuoco, oppure compiere azioni spericolate al limite del suicidio, per pubblicare i filmati su YouTube. Cosa ci dicono questi episodi?
Intanto occorre notare che l’opinione pubblica resta molto colpita al momento, ma il giorno dopo sembra quasi dimenticarsene. Se ci si lasciasse interrogare veramente da questi episodi, forse qualcosa potrebbe iniziare a cambiare. Detto questo, c’è un altro rilievo importante: ultimamente sembra che l’opinione pubblica non si senta responsabile di questa generazione, che è sostanzialmente senza veri testimoni e veri maestri. Il problema dei giovani prima di tutto consiste nell’assenza degli adulti come persone che possano mostrare una vita realizzata e anche alternativa ai modelli proposti: quelli basati su fattori quali il successo, la fama, il denaro, il sesso, la bella vita. I gesti estremi che i giovani compiono indicano la loro non accettazione dei limiti che la condizione umana ha, ma anche che tendono a cercare la notorietà attraverso azioni pericolose per sé e per gli altri. Senza adulti significativi, il punto di riferimento spesso diviene il branco con le sue logiche a volte estreme.

La mancanza di educazione sessuale indica anche mancanza di educazione ai valori del rispetto del proprio e dell’altrui corpo, oltre che della dignità della persona: cosa manca nella proposta educativa odierna?
Più in generale si potrebbe dire che manca una proposta di senso vero della vita, che comprenda tutti i suoi aspetti, quindi anche la sessualità. Assistiamo a una sovraesposizione in questo campo, così che il sesso, insieme ai soldi, viene presentato come la cosa più necessaria. In realtà siamo di fronte a una specie di ossessione del sesso, del successo in questo campo come negli altri dell’apparire, dell’avere. Manca invece a livello educativo la proposta di un significato da attribuire alle tappe che la vita impone, quindi l’importanza dello studio, della preparazione, dell’amicizia, dell’ingresso graduale nel mondo degli adulti. Senza questi contenuti, i giovani sono sollecitati a ossessive ripetizioni di comportamenti stereotipati e degradanti.

A chi attribuire la “colpa” di tutto ciò: alla famiglia, alla “crisi dei valori”, a una pornografia dilagante e a portata dei giovanissimi?
Sicuramente uno dei grandi problemi consiste nella crisi della famiglia, non tanto perché essa abbia la colpa, ma perché nei fatti è stata delegittimata, non ha più la funzione che aveva un tempo di introdurre le nuove generazioni alle virtù sociali che sono alla base di una società a misura d’uomo. Essendo stata privatizzata – come dice il sociologo Donati -, la famiglia è divenuta una cosa considerata non più rilevante dal punto di vista sociale. Ne consegue poi che non sia più rilevante che sia fondata sul matrimonio, quale impegno stabile basato sulla dedizione e il sacrificio, ma viene accettato qualunque tipo di convivenza, chiamando famiglia quello che ognuno pensa, vuole o gli fa comodo che sia. Anzi, la famiglia vera non solo non è promossa, ma è divenuta quasi un soggetto negativo, fastidioso, salvo poi accusarla di assenza quando qualcosa non va. Il risultato di tutto ciò è che i ragazzi alla fine sono abbandonati a se stessi e prevale così la logica del branco. L’emergenza educativa che viviamo è quindi insieme culturale e di affidamento: sono generazioni delle quali in pochi vogliono farsi carico. Laddove ciò avviene, come scuole gestite da genitori, oratori, centri educativi, i ragazzi rispondono. Accanto alle violenze sessuali compiute da immigrati, la cronaca registra altrettanti episodi analoghi a opera di giovanissimi, questa volta italiani, con forme preoccupanti di spettacolarizzazione fino al rischio della vita. Ne parliamo con Paola Soave, vicepresidente del Forum delle associazioni familiari, ex-insegnante e animatrice dell’associazionismo di base delle famiglie e – sottolinea – «nonna con otto nipoti alle prese coi problemi tipici della gioventù odierna».L’opinione pubblica appare molto colpita dal diffondersi di casi di violenza sessuale, non solo a opera di immigrati irregolari, ma anche di minorenni italiani verso coetanee giovanissime. Inoltre si registrano casi impressionanti di violenze gratuite di altro genere, anche autolesionistiche, come il filmarsi in auto a folle velocità, oppure dare o darsi fuoco, oppure compiere azioni spericolate al limite del suicidio, per pubblicare i filmati su YouTube. Cosa ci dicono questi episodi? Intanto occorre notare che l’opinione pubblica resta molto colpita al momento, ma il giorno dopo sembra quasi dimenticarsene. Se ci si lasciasse interrogare veramente da questi episodi, forse qualcosa potrebbe iniziare a cambiare. Detto questo, c’è un altro rilievo importante: ultimamente sembra che l’opinione pubblica non si senta responsabile di questa generazione, che è sostanzialmente senza veri testimoni e veri maestri. Il problema dei giovani prima di tutto consiste nell’assenza degli adulti come persone che possano mostrare una vita realizzata e anche alternativa ai modelli proposti: quelli basati su fattori quali il successo, la fama, il denaro, il sesso, la bella vita. I gesti estremi che i giovani compiono indicano la loro non accettazione dei limiti che la condizione umana ha, ma anche che tendono a cercare la notorietà attraverso azioni pericolose per sé e per gli altri. Senza adulti significativi, il punto di riferimento spesso diviene il branco con le sue logiche a volte estreme.La mancanza di educazione sessuale indica anche mancanza di educazione ai valori del rispetto del proprio e dell’altrui corpo, oltre che della dignità della persona: cosa manca nella proposta educativa odierna?Più in generale si potrebbe dire che manca una proposta di senso vero della vita, che comprenda tutti i suoi aspetti, quindi anche la sessualità. Assistiamo a una sovraesposizione in questo campo, così che il sesso, insieme ai soldi, viene presentato come la cosa più necessaria. In realtà siamo di fronte a una specie di ossessione del sesso, del successo in questo campo come negli altri dell’apparire, dell’avere. Manca invece a livello educativo la proposta di un significato da attribuire alle tappe che la vita impone, quindi l’importanza dello studio, della preparazione, dell’amicizia, dell’ingresso graduale nel mondo degli adulti. Senza questi contenuti, i giovani sono sollecitati a ossessive ripetizioni di comportamenti stereotipati e degradanti.A chi attribuire la “colpa” di tutto ciò: alla famiglia, alla “crisi dei valori”, a una pornografia dilagante e a portata dei giovanissimi?Sicuramente uno dei grandi problemi consiste nella crisi della famiglia, non tanto perché essa abbia la colpa, ma perché nei fatti è stata delegittimata, non ha più la funzione che aveva un tempo di introdurre le nuove generazioni alle virtù sociali che sono alla base di una società a misura d’uomo. Essendo stata privatizzata – come dice il sociologo Donati -, la famiglia è divenuta una cosa considerata non più rilevante dal punto di vista sociale. Ne consegue poi che non sia più rilevante che sia fondata sul matrimonio, quale impegno stabile basato sulla dedizione e il sacrificio, ma viene accettato qualunque tipo di convivenza, chiamando famiglia quello che ognuno pensa, vuole o gli fa comodo che sia. Anzi, la famiglia vera non solo non è promossa, ma è divenuta quasi un soggetto negativo, fastidioso, salvo poi accusarla di assenza quando qualcosa non va. Il risultato di tutto ciò è che i ragazzi alla fine sono abbandonati a se stessi e prevale così la logica del branco. L’emergenza educativa che viviamo è quindi insieme culturale e di affidamento: sono generazioni delle quali in pochi vogliono farsi carico. Laddove ciò avviene, come scuole gestite da genitori, oratori, centri educativi, i ragazzi rispondono.