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Europa

Al via l’Anno contro la povertà

Perché non sia un libro di sogni

di Gianni BORSA Redazione

21 Gennaio 2010

Essere bambini oppure anziani, oggi in Europa, è un rischio. Nel senso che proprio tra i minori e la terza età si riscontrano le percentuali più elevate di poveri. Alle indicazioni ripetute e allarmate dei ricercatori sociali, di tante istituzioni, di chi opera sul versante della solidarietà, si aggiungono i dati provenienti dall’Unione europea, che per il 21 gennaio ha fissato l’avvio ufficiale dell’Anno europeo per la lotta contro la povertà e l’esclusione sociale. Una iniziativa con la quale i Ventisette intendono mettere a fuoco il problema, sensibilizzare l’opinione pubblica e i diversi livelli di governance, nonché intervenire direttamente a favore degli indigenti (il 17% della popolazione Ue, pari a 80 milioni di persone).
Alla vigilia del battesimo dell’Anno speciale, Eurostat ha presentato uno studio statistico secondo cui la povertà assume le forme più svariate: significa, per esempio, non mangiare a sufficienza (in Europa, non chissà dove!), non avere la possibilità di riscaldare la propria abitazione, non avere accesso a un’istruzione adeguata. Ma, dati i tempi e il livello di sviluppo raggiunto dal vecchio continente, i poveri sono anche coloro che non possono permettersi di mandare i figli all’università, di prendersi qualche giorno di vacanza, oppure di acquistare una utilitaria.
Si chiama “povertà relativa”, dipendendo dal livello di reddito medio necessario in un determinato Paese per condurre una vita dignitosa e per costruire un futuro minimamente certo. In questa prospettiva, la realtà è assai diversificata: per stare sopra della soglia di povertà occorrono ad esempio 2.800 euro l’anno a persona in Bulgaria, 3.900 in Polonia, 4.400 in Lettonia; si sale a 9.000 in Italia e 9.700 in Francia; in diversi Stati la soglia è stabilita oltre i 10 mila euro, come in Belgio, Danimarca, Germania, Irlanda, Cipro, Lussemburgo, Paesi Bassi , Austria, Svezia e Regno Unito. Basta dunque scorrere le tabelle proposte da Eurostat per capire che la povertà si accanisce contro chi non dispone di un reddito certo, sulle famiglie numerose, sui bambini e sugli anziani, specie se soli o malati. Inoltre la “povertà relativa” segna profondamente le società dell’est europeo molto più di quelle occidentali.
Al 2010, quale Anno contro la povertà, sono già stati assegnati tanti “obiettivi”. Perché essi non restino sulla carta, qualche passo concreto dev’essere dunque percorso. Sfruttando l’opportunità di questa attenzione dichiarata dall’Ue verso gli “ultimi”, bisognerà anzitutto conoscere nel dettaglio il problema-povertà. Poi sarà necessario agire (anche laddove si stanno già prendendo provvedimenti incisivi, perché si può sempre fare meglio), sia in sede nazionale sia comunitaria, in una prospettiva ampia. Per battere l’esclusione sociale servono infatti alimenti, lavoro, case a prezzi accessibili. E non possono mancare istruzione, pensioni degne di questo nome, servizi sanitari accessibili, aiuti alle famiglie. Tutto ciò potrebbe sembrare solo un libro dei sogni: in realtà non è altro che il condensato dei doveri più urgenti che spettano alla politica e alla società nel suo insieme. Essere bambini oppure anziani, oggi in Europa, è un rischio. Nel senso che proprio tra i minori e la terza età si riscontrano le percentuali più elevate di poveri. Alle indicazioni ripetute e allarmate dei ricercatori sociali, di tante istituzioni, di chi opera sul versante della solidarietà, si aggiungono i dati provenienti dall’Unione europea, che per il 21 gennaio ha fissato l’avvio ufficiale dell’Anno europeo per la lotta contro la povertà e l’esclusione sociale. Una iniziativa con la quale i Ventisette intendono mettere a fuoco il problema, sensibilizzare l’opinione pubblica e i diversi livelli di governance, nonché intervenire direttamente a favore degli indigenti (il 17% della popolazione Ue, pari a 80 milioni di persone).Alla vigilia del battesimo dell’Anno speciale, Eurostat ha presentato uno studio statistico secondo cui la povertà assume le forme più svariate: significa, per esempio, non mangiare a sufficienza (in Europa, non chissà dove!), non avere la possibilità di riscaldare la propria abitazione, non avere accesso a un’istruzione adeguata. Ma, dati i tempi e il livello di sviluppo raggiunto dal vecchio continente, i poveri sono anche coloro che non possono permettersi di mandare i figli all’università, di prendersi qualche giorno di vacanza, oppure di acquistare una utilitaria.Si chiama “povertà relativa”, dipendendo dal livello di reddito medio necessario in un determinato Paese per condurre una vita dignitosa e per costruire un futuro minimamente certo. In questa prospettiva, la realtà è assai diversificata: per stare sopra della soglia di povertà occorrono ad esempio 2.800 euro l’anno a persona in Bulgaria, 3.900 in Polonia, 4.400 in Lettonia; si sale a 9.000 in Italia e 9.700 in Francia; in diversi Stati la soglia è stabilita oltre i 10 mila euro, come in Belgio, Danimarca, Germania, Irlanda, Cipro, Lussemburgo, Paesi Bassi , Austria, Svezia e Regno Unito. Basta dunque scorrere le tabelle proposte da Eurostat per capire che la povertà si accanisce contro chi non dispone di un reddito certo, sulle famiglie numerose, sui bambini e sugli anziani, specie se soli o malati. Inoltre la “povertà relativa” segna profondamente le società dell’est europeo molto più di quelle occidentali.Al 2010, quale Anno contro la povertà, sono già stati assegnati tanti “obiettivi”. Perché essi non restino sulla carta, qualche passo concreto dev’essere dunque percorso. Sfruttando l’opportunità di questa attenzione dichiarata dall’Ue verso gli “ultimi”, bisognerà anzitutto conoscere nel dettaglio il problema-povertà. Poi sarà necessario agire (anche laddove si stanno già prendendo provvedimenti incisivi, perché si può sempre fare meglio), sia in sede nazionale sia comunitaria, in una prospettiva ampia. Per battere l’esclusione sociale servono infatti alimenti, lavoro, case a prezzi accessibili. E non possono mancare istruzione, pensioni degne di questo nome, servizi sanitari accessibili, aiuti alle famiglie. Tutto ciò potrebbe sembrare solo un libro dei sogni: in realtà non è altro che il condensato dei doveri più urgenti che spettano alla politica e alla società nel suo insieme.