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Family 2012

«L’evento ha avuto un grande valore ecclesiale, ma anche mediatico»

I punti di forza della comunicazione dell’Incontro mondiale nell’analisi dell’esperto Pier Cesare Rivoltella

di Francesco CHIAVARINI

24 Giugno 2012

Comunicare come se fosse un lungo pellegrinaggio. Un uso sapiente anche dei social network. Scelte editoriali coraggiose che hanno permesso alla Chiesa di dialogare con il mondo laico e di parlare della famiglia senza retorica. Questi i punti di forza della comunicazione del VII Incontro mondiale delle famiglie secondo il professor Pier Cesare Rivoltella, direttore del Cremit, il Centro di ricerca per l’educazione ai media, all’informazione e alla tecnologia dell’Università Cattolica e presidente della Società italiana di ricerca sull’educazione mediale (Sirem).

Professore, il VII Incontro mondiale delle famiglie è stato anticipato da una lunga serie di azioni comunicative. Questa scelta aveva l’obiettivo di preparare la comunità ecclesiale e poi quella civile all’Incontro. Secondo lei è stata una scelta indovinata anche sul piano comunicativo?
Tutte le più moderne strategie comunicative sui grandi eventi sono ormai policentriche, non si concentrano più solo nelle giornate conclusive, ma distribuiscono contenuti lungo un arco temporale più lungo. In questo caso questa intuizione ha funzionato perfettamente. E proprio questa scelta ha assolto non solo a una funzione pedagogica, quella di preparare la comunità ecclesiale all’Incontro, ma ha avuto anche degli indubbi vantaggi sotto il profilo del marketing, posizionando l’evento all’interno dell’agenda mediatica. In un certo senso è come se si fosse costruito, anche sul piano della comunicazione, un pellegrinaggio, in cui le varie stazioni (le mostre, il cineforum, i dibattiti, etc) servivano ad avvicinare il pubblico all’evento, concepito come cuore rituale del dispositivo. Ciò ha avuto un grande valore ecclesiale, ma anche mediatico. E la copertura dei mezzi d’informazione lo ha dimostrato.

In questa fase di preparazione sono state compiute anche scelte per nulla scontate. Non solo si sono rappresentati punti di vista diversi (per esempio nella scelta di alcuni titoli del Filmfamily), ma si sono mixati anche formanti e media differenti. Ritiene che questo mix sia stato vincente?
Proprio avere avuto il coraggio di proporre punti di vista diversi ha fatto in modo che l’Incontro non fosse solo un evento ecclesiale, ma diventasse anche un evento culturale. Aspetto che la stampa laica ha colto perfettamente. Inoltre, poiché non tutti sono consumatori degli stessi media, utilizzare formati diversi (una mostra, una retrospettiva cinematografica, etc.), ha consentito di colpire target diversi di pubblico e quindi di ampliare complessivamente i destinatari del messaggio.

A un’azione di ufficio stampa verso i media tradizionali che ha portato solo nei sei mesi precedenti alla pubblicazione di 3700 articoli riguardanti direttamente l’Incontro, si sono aggiunte azioni verso l’universo on line. Sabato sera, in occasione della Festa delle testimonianze, nella rete l’Incontro mondiale delle famiglie è stato uno degli argomenti più discussi. Che cosa vuol dire?
Che la trans-medialità è ormai una caratteristica della comunicazione contemporanea. E in questo caso se ne è fatto un uso intelligente e appropriato. L’importanza dei media digitali e dei social network si è vista soprattutto durante i giorni del Congresso. Sulla rete speso ci si sta per il solo gusto di esserci. Questo evento ha dimostrato che si ci può stare anche per scambiarsi dei contenuti. Insomma si può fare un uso ecclesiale dei social media, come la Chiesa e i cattolici hanno capito da tempo.

Che immagine del Papa e della Chiesa è emersa da questo Incontro? E quanto ha contribuito lo stile della comunicazione?
Proprio la copertura mediatica data ai tre giorni milanesi di Benedetto XVI, ha messo nelle condizioni un Papa, solitamente timido e schivo, di essere un grande comunicatore. Mi pare sia emersa l’immagine di un Pontefice meno teologo e più pastore, soprattutto il sabato sera durante la Festa delle Testimonianze, grazie alla scelta di un format che ha permesso al Papa di rispondere in modo diretto e colloquiale alle famiglie che lo interrogavano, anche su temi scabrosi, come ad esempio il divorzio e le separazioni. Anche la Chiesa ne è uscita rafforzata. Abbiamo visto un mondo cattolico capace di dialogare con la cultura laica e non da posizioni subalterne, tra l’altro proprio su un tema, come la famiglia, sul quale si abusa spesso di retorica.