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Monza

San Gerardo dei Tintori, una chiesa
nella cattedrale della sofferenza

Questa mattina, nell’ospedale della città brianzola, il cardinale Scola ha presieduto il rito di dedicazione dell’altare e della chiesa parrocchiale

di Veronica TODARO

15 Dicembre 2012

E’ durato quasi due ore il rito di dedicazione dell’altare e della chiesa della parrocchia ospedaliera San Gerardo dei Tintori a Monza. A presiederlo il cardinale Angelo Scola che al termine della celebrazione è salito al decimo piano del settore A dell’ospedale a portare il suo personale sostegno ai malati oncologici. Ad accoglierlo ieri mattina oltre 400 persone, insieme alle autorità civili e religiose della cittadina brianzola. A fare gli onori di casa il parroco don Egidio De Martin: “Sua Eminenza, questa parrocchia, insieme a tutte le persone qui malate ricoverate e l’Azienda ospedaliera, l’accolgono con gioia. E’ un giorno molto atteso. Offriamo a Dio questa casa, costruita da mani d’uomo con intelligenza, sapienza e laboriosità. Una chiesa nella cattedrale della sofferenza, un rifugio sicuro per chi ha bisogno di parole di conforto. Da oggi, luogo sacro della presenza di Dio. A lei Eminenza chiediamo di rafforzare la nostra fede e di ravvivare la nostra speranza”. Il rito poi si è aperto con la consegna della chiave, un gesto simbolico di consegna della chiesa perché l’Arcivescovo “quale successore degli Apostoli, presiede nella carità alla Chiesa che vive in Milano” di cui la parrocchia fa parte. Dopo la benedizione dell’acqua e l’aspersione lungo la navata della chiesa, l’arcivescovo Scola ha inaugurato l’ambone. Il cardinale ha così mostrato all’assemblea il Lezionario. Insieme alla mensa eucaristica del nuovo altare è stata inaugurata anche la mensa della Parola, simboleggiata dal nuovo ambone. Per l’omelia Scola ha fatto sue le parole della prima lettura del libro di Neemia: “Questo giorno è consacrato al Signore nostro. Non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza”. “Queste parole – ha sottolineato l’Arcivescovo – ci invitano ad un esercizio molto prezioso, un esercizio di immedesimazione con i fatti e gli eventi che vengono narrati. E’ impressionante la somiglianza con la grande scena di Neemia avvenuta più di 2500 anni fa e quello che siamo qui a fare oggi, in questa singolarissima parrocchia. Questa non è una parrocchia tradizionale, non ha dei parrocchiani fissi, ma è un convergere di popolo che rappresenta la chiesa ambrosiana e quella universale”. E ancora: “Questa chiesa sia il cuore del luogo in cui si chiede guarigione, in cui si chiede il per sempre a cui il cuore dell’uomo anela”. Dopo aver spiegato i quattro gesti altamente simbolici del rito, quindi l’unzione dell’altare, l’incensazione, la copertura dell’altare e l’illuminazione dell’intera chiesa, il Cardinale si è soffermato “sull’amore oggettivo ed effettivo che deve animare questo luogo fatto di tre soggetti: il malato, intorno al quale tutto deve ruotare, i familiari che partecipano alla sua ferita e gli operatori sanitari, chiamati all’arte della cura. Possa l’attesa del Natale renderci vigili tutti i giorni, soprattutto in questo luogo espressivo dell’alto grado di civiltà”. Dopo i ringraziamenti del parroco al termine del rito, ha preso la parola anche mons. Giuseppe Arosio, nominato dal cardinale Carlo Maria Martini nel 1984 responsabile per la costruzione di nuovi complessi parrocchiali per l’intera Diocesi di Milano all’interno dell’Ufficio Nuove Chiese della Curia di Milano. Un incarico che lo ha portato alla realizzazione di più di cinquanta chiese. “Questa è la mia 53esima chiesa – ha raccontato mons. Arosio all’Arcivescovo -. E’ una pagina di teologia, questa chiesa è un atto di pietà e di devozione popolare. È un libro aperto, spalancato, è un segno di speranza e un inno di fiducia per tutti quelli che soffrono e diventa una testimonianza per tutta la città e per tutta la comunità dei sofferenti”. L’Arcivescovo ha lasciato in dono alla parrocchia una casula in memoria dell’avvenimento.  

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