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Torino

Scola: «Papa Francesco afferma la cultura dell’incontro contro la cultura dello scarto, valorizzando ogni persona»

L'Arcivescovo di Milano è intervenuto a «Biennale democrazia» sul papato di Francesco In un confronto con Rusconi e Zagrebelsky. «Il Papa ci mostra la religione del Dio incarnato, dando importanza ai gesti»

di Davide MILANI

27 Marzo 2015

Il papato di Francesco, tra istanze pastorali e questioni di dottrina.

Su questo tema, venerdì 27 marzo al Teatro Carignano di Torino, nell’ambito di Biennale Democrazia incentrata sul tema dei “Passaggi”, si è svolto un dialogo, introdotto e moderato da Gustavo Zagrebelsky, tra lo storico ed editorialista Gian Enrico Rusconi e l’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola. La serata è stata promossa dalla Consulta torinese per la Laicità e il Centro Pietro Calamandrei.

Presentando l’incontro il presidente di Biennale Democrazia Zagrebelsky ha parlato del processo di riforma e controriforma che nella storia ha caratterizzato il cammino della Chiesa. Il costituzionalista ha introdotto poi il tema della sovranità della coscienza, “che mette in difficoltà il principio di autorità e dona all’uomo una forte responsabilità”, citando la celebre frase di papa Francesco “Chi sono io per giudicare?”.

Il cardinale Scola, intervenendo, ha ricordato come la Chiesa sia ben cosciente di vivere in una società plurale e tendenzialmente conflittuale nella quale coesistono mondovisioni differenti che comunque deve fare crescere il bene comune e percorsi di condivisione. 

Entrando poi nel tema dell’incontro Scola ha mostrato i tratti del passaggio che segna il pontificato di Papa Francesco.

«Ci mostra una religione del Dio incarnato, attraverso l’autoesporsi nella pratica di un “cammino evangelico” dando molta importanza ai segni e ai gesti, come lui stesso ha detto ai vescovi italiani nel maggio 2014: “il vostro annuncio sia cadenzato sull’eloquenza dei gesti. Mi raccomando: l’eloquenza dei gesti”».

Bergoglio, secondo l’arcivescovo di Milano «invita a lasciarsi alle spalle ogni visione ideologica del cristianesimo. Questo superamento scardina dall’origine la logica dell’opposizione tra “partiti” con cui siamo abituati a guardare. Tale superamento ci sollecita inoltre ad evitare letture selettive dell’insegnamento sociale della Chiesa. Il magistero del Papa parla di cultura dello scarto, del dio danaro, della destinazione universale dei beni e lo fa nella prospettiva di un “umanesimo realista” che denuncia però nello stesso tempo l’aborto, il gelo demografico, la manipolazione genetica, l’eutanasia nascosta degli anziani».

Senza ideologie, come si vede chiaramente nel modo in cui Francesco parla dei poveri. «È il Papa stesso a dirci che “Il pauperismo è una caricatura del Vangelo e della stessa povertà. Invece san Francesco ci ha aiutato a scoprire il legame profondo tra la povertà e il cammino evangelico» o, ancora, in Evangelii Gaudium «Per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica”. Noi conosciamo meglio chi è Dio attraverso il suo amore di preferenza ai poveri, un genere di amore che il Papa ci invita a praticare con decisione».

Decisiva in Bergoglio, nell’analisi di Scola, è «l’affermazione della cultura dell’incontro contrapposta alla cultura dello scarto, consentendo la massima valorizzazione della persona, dei corpi intermedi e della società e, con le debite distinzioni, della Chiesa stessa perché applica il principio della pluriformità nell’unitá. La centralità dell’uomo è uno dei cardini dell’insegnamento di papa Francesco che nella sua testimonianza e nel suo magistero afferma con forza che la misericordia e il partire dalla carne dei poveri è il nucleo essenziale dell’annunzio del Vangelo».

Rispondendo poi alla provocazione di Zagrebelsky Scola ha detto: «L’espressione  del papa “Chi sono io per giudicare?” ha forse introdotto un cambiamento di “sensibilità” nel magistero ecclesiale? Oppure ha affermato una coscienza individuale separata dalla relazione agli altri e dalla ricerca del vero in vista del bene comune? No. Il papa critica l’individualismo, cerca l’uomo come soggetto, parla di solidarietà concepita come comunitaria, richiama alla continua conversione: tutto ciò dice come per lui il richiamo alla coscienza è legata alla ricerca del vero.

E sulle questioni morali classiche (aborto, natalità, eutanasia, omosessualità, matrimonio…) non mi pare che il Papa abbia detto qualcosa di sostanzialmente diverso rispetto alla dottrina comune. Lascia trasparire una acuta coscienza della natura plurale della società (diritti, doveri, leggi), concepisce la Chiesa in continuo confronto dialogico con tutti i soggetti che la abitano, qualunque sia la loro visione del mondo».

Rusconi nel suo intervento ha riconosciuto a papa Francesco una capacità innata di comunicare con le persone, attraverso il contatto diretto e spontaneo. «Ma nella sua strategia comunicativa ha cura di ribadire i valori tradizionali. Non è casuale che recentemente si sia espresso in modo fermo sul tema dell’aborto, della eutanasia, della validità dell’obiezione di coscienza dei medici. E su questioni quali omosessualità, aborto, eutanasia, testamento biologico, il confronto tra laici e cattolici si dilata e diventa più difficile».