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Comunicazione

Il Papa e la diaconia della cultura

Incontrando i partecipanti all'assemblea plenaria del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali,� Benedetto XVI�ha parlato del "continente digitale"

di Giacomo RUGGERI Redazione

4 Novembre 2009

«Anche un osservatore poco attento può facilmente costatare che nel nostro tempo, grazie proprio alle più moderne tecnologie, è in atto una vera e propria rivoluzione nell’ambito delle comunicazioni sociali, di cui la Chiesa va prendendo sempre più responsabile consapevolezza. Tali tecnologie, infatti, rendono possibile una comunicazione veloce e pervasiva, con una condivisione ampia di idee e di opinioni; facilitano l’acquisizione di informazioni e di notizie in maniera capillare e accessibile a tutti».
Incontrando il 29 ottobre i partecipanti all’assemblea plenaria del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, Benedetto XVI ha ribadito un concetto sempre più chiaro e nevralgico per la Chiesa: l’uso dei media e, in modo particolare, la cultura che si crea all’interno di essi. Questo intervento si inserisce nel cammino che vedrà, nel prossimo anno, due appuntamenti importanti su due livelli: uno internazionale con la 44ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali dal titolo “Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola”; a livello nazionale, invece, la Chiesa italiana si ritroverà con gli operatori dei media cattolici al convegno dal titolo “Parabole mediatiche 2” (22-24 aprile 2010).
La rivoluzione di cui parla Benedetto XVI è di tipo culturale, prima ancora che tecnologica. Si pongono in evidenza, con ciò, modalità nuove di relazioni tra le persone, perché è l’uomo stesso che sta cambiando, mutando, evolvendosi nella sua natura. Su questo punto il Papa ha evidenziato: «In effetti, la cultura moderna scaturisce, ancor prima che dai contenuti, dal dato stesso dell’esistenza di nuovi modi di comunicare che utilizzano linguaggi nuovi, si servono di nuove tecniche e creano nuovi atteggiamenti psicologici». Quale sfida, pertanto, giunge alla Chiesa dalla società mediale? Quali sollecitazioni volte al cambiamento, specie di mentalità, vengono poste alle comunità cristiane, agli operatori pastorali, agli organi di formazione ecclesiale in ambito diocesano e, non da ultimo, agli stessi sacerdoti (specie in questo anno a loro dedicato)? «Anche un osservatore poco attento può facilmente costatare che nel nostro tempo, grazie proprio alle più moderne tecnologie, è in atto una vera e propria rivoluzione nell’ambito delle comunicazioni sociali, di cui la Chiesa va prendendo sempre più responsabile consapevolezza. Tali tecnologie, infatti, rendono possibile una comunicazione veloce e pervasiva, con una condivisione ampia di idee e di opinioni; facilitano l’acquisizione di informazioni e di notizie in maniera capillare e accessibile a tutti».Incontrando il 29 ottobre i partecipanti all’assemblea plenaria del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, Benedetto XVI ha ribadito un concetto sempre più chiaro e nevralgico per la Chiesa: l’uso dei media e, in modo particolare, la cultura che si crea all’interno di essi. Questo intervento si inserisce nel cammino che vedrà, nel prossimo anno, due appuntamenti importanti su due livelli: uno internazionale con la 44ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali dal titolo “Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola”; a livello nazionale, invece, la Chiesa italiana si ritroverà con gli operatori dei media cattolici al convegno dal titolo “Parabole mediatiche 2” (22-24 aprile 2010).La rivoluzione di cui parla Benedetto XVI è di tipo culturale, prima ancora che tecnologica. Si pongono in evidenza, con ciò, modalità nuove di relazioni tra le persone, perché è l’uomo stesso che sta cambiando, mutando, evolvendosi nella sua natura. Su questo punto il Papa ha evidenziato: «In effetti, la cultura moderna scaturisce, ancor prima che dai contenuti, dal dato stesso dell’esistenza di nuovi modi di comunicare che utilizzano linguaggi nuovi, si servono di nuove tecniche e creano nuovi atteggiamenti psicologici». Quale sfida, pertanto, giunge alla Chiesa dalla società mediale? Quali sollecitazioni volte al cambiamento, specie di mentalità, vengono poste alle comunità cristiane, agli operatori pastorali, agli organi di formazione ecclesiale in ambito diocesano e, non da ultimo, agli stessi sacerdoti (specie in questo anno a loro dedicato)? Priorità e missione Sono sfide che chiedono un approccio mentale e che generano vie nuove di pensiero; per esempio: che passi dal rifiuto all’opportunità; dalla fatica di capire, al capire che è faticoso comunicare in modo semplice; dalle vie tradizionali di annuncio alle nuove piattaforme dove l’uomo si incontra e qui porgere la Buona Notizia, senza invadenza. Lo ha affermato anche il Papa: pur mantenendo «il proprio peculiare carattere, l’evoluzione attuale del mondo della comunicazione obbliga sempre più a parlare di un’unica forma comunicativa, che fa sintesi delle diverse voci o le pone in stretta reciproca connessione». La Chiesa, però, ha una priorità che si fa e diviene missione: l’annuncio del Vangelo sino ai confini del mondo. «Tutto questo – ha proseguito il Papa – costituisce una sfida per la Chiesa chiamata ad annunciare il Vangelo agli uomini del terzo millennio mantenendone inalterato il contenuto, ma rendendolo comprensibile grazie anche a strumenti e modalità consoni alla mentalità e alle culture di oggi». Se in passato si usufruiva dei media e delle notizie, ora si è passati a essere produttori di media e notizie che in essi vengono fatte circolare. Quando si parla di “produrre”, il limite tra rispetto e manipolazione è molto vicino e, nel contempo, rischioso. La Chiesa, ha ribadito allora il Papa, «esercita quella che potremmo definire una “diaconia della cultura” nell’odierno continente digitale, percorrendone le strade per annunciare il Vangelo, la sola Parola che può salvare l’uomo». Esercitando questo “nuovo ministero”, la Chiesa e gli operatori che operano sul campo si sentano investiti in questa missione «promuovendo una cultura del rispetto per la dignità e il valore della persona umana, un dialogo radicato nella ricerca sincera della verità, dell’amicizia non fine a se stessa, ma capace di sviluppare i doni di ciascuno per metterli a servizio della comunità umana».