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Roma

Chiesa e Internet, in rete con il cuore

Continente digitale: dalla connessione alla comunione

a cura di Vincenzo CORRADO Redazione

23 Novembre 2010

Web 2.0, Social Network, Internet e new media. Sono alcuni dei temi al centro del seminario nazionale dal titolo “Diocesi in Rete. Chiese locali, internet e social network” in corso a Roma. Promosso dall’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e dal Servizio informatico della Cei, l’incontro è rivolto, in modo particolare, ai direttori degli uffici diocesani per le comunicazioni sociali, ai responsabili informatici e ai collaboratori impegnati nell’aggiornamento dei siti web delle diocesi italiane.
«Con questo momento di approfondimento – spiega monsignor Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio per le comunicazioni sociali (Ucs) della Cei – intendiamo proseguire il cammino di riflessione intrapreso con il convegno nazionale ‘Testimoni digitali’ sulla scia degli insegnamenti che in quell’occasione ci ha dato Benedetto XVI». Ad aprire il convegno monsignor Mariano Crociata, segretario generale Cei, e mons. Pompili, con una relazione su “L’eredità di Testimoni digitali”. Tra gli altri relatori: Gianni Riotta, direttore de Il Sole 24 Ore, padre Antonio Spadaro, de La Civiltà Cattolica, e Giovanni Silvestri, responsabile del Servizio informatico Cei. Concluderà il seminario monsignor Claudio Giuliodori, presidente della Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali. Ai partecipanti verrà consegnato un vademecum. Del seminario parla don Ivan Maffeis, vicedirettore dell’Ufficio Cei per le comunicazioni sociali.

Quali sono l’eredità e le prospettive aperte dal convegno “Testimoni digitali”?
L’ampia partecipazione al convegno nazionale dello scorso aprile da una parte è stata il segno di un diffuso interesse per i nuovi scenari aperti dalla comunicazione; dall’altra ha espresso la volontà della nostra Chiesa di abitare anche questo “continente digitale” assumendone i linguaggi, proprio per evitare di restare a margine del processo culturale in atto.

Negli “Orientamenti pastorali” i vescovi indicano come obiettivo da raggiungere «educare alla conoscenza di questi mezzi e dei loro linguaggi e a una più diffusa competenza quanto al loro uso»: quale l’impegno dell’Ucs?
Da parte nostra c’è la disponibilità a essere presenti sul territorio e ad accompagnare il cammino delle diocesi e delle comunità. Accanto al prezioso supporto offerto dal Servizio informatico della Cei, si tratta di aiutarci a conoscere la realtà della comunicazione, che più che essere costituita da una serie di strumenti, è una risorsa che sviluppa un modo d’informarsi, di pensare, di comunicare, di gestire le stesse relazioni. Come tale, richiede uno sguardo critico e un uso sapiente.

I vescovi affermano anche che «l’impegno educativo sul versante della nuova cultura mediatica dovrà costituire negli anni a venire un ambito privilegiato per la missione della Chiesa»…
La nostra responsabilità rimane quella dell’annuncio, una responsabilità che – come ricordava il Papa nel suo ultimo messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali – l’enorme capacità di espressione costituita dal digitale rende ancora più impellente, reclamando un impegno più motivato ed efficace. Ancora una volta, per la Chiesa la partita non si gioca semplicemente sul piano delle abilità tecniche, ma interpella il “cuore” del credente, chiamato a contribuire a “dare un’anima” anche a questo mondo digitale.

Quali prospettive per educare a una comunicazione che sia al servizio della verità?
Il punto di partenza non può che essere quello di porre la persona umana al centro di tutti i processi della comunicazione. E questo richiede a chi opera nel campo dell’informazione una dote di rispetto, di formazione e anche di testimonianza personale: passa da qui, del resto, anche la possibilità di distinguersi nel diluvio informatico e quindi di essere riconosciuti e stimati per la credibilità che viene da un’autenticità di vita.

È possibile – e in che modo – ripensare le dinamiche comunicative valorizzando il web quale luogo che, come dice Benedetto XVI, «possa fare spazio – come il “cortile dei gentili” – anche a coloro per i quali Dio è ancora sconosciuto»?
La testimonianza rimane la parola chiave per aiutare a passare dalla connessione a quella comunione che vive di relazioni autentiche. Si opera nei media e si sta nella Rete con un profilo preciso, cercando – come ci esorta ancora il Papa – di spianare la strada a nuovi incontri, assicurando sempre la qualità del contatto umano e l’attenzione alle persone e ai loro veri bisogni spirituali.

L’incontro si conclude con la consegna di un “vademecum”…
Uno strumento utile a chi opera nella comunicazione web delle nostre diocesi. In maniera essenziale, indica obiettivi, contenuti e servizi di un sito diocesano, offrendo alcuni criteri di fondo e restando intenzionalmente aperto al contributo che può giungere dalle diverse esperienze. Web 2.0, Social Network, Internet e new media. Sono alcuni dei temi al centro del seminario nazionale dal titolo “Diocesi in Rete. Chiese locali, internet e social network” in corso a Roma. Promosso dall’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e dal Servizio informatico della Cei, l’incontro è rivolto, in modo particolare, ai direttori degli uffici diocesani per le comunicazioni sociali, ai responsabili informatici e ai collaboratori impegnati nell’aggiornamento dei siti web delle diocesi italiane.«Con questo momento di approfondimento – spiega monsignor Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio per le comunicazioni sociali (Ucs) della Cei – intendiamo proseguire il cammino di riflessione intrapreso con il convegno nazionale ‘Testimoni digitali’ sulla scia degli insegnamenti che in quell’occasione ci ha dato Benedetto XVI». Ad aprire il convegno monsignor Mariano Crociata, segretario generale Cei, e mons. Pompili, con una relazione su “L’eredità di Testimoni digitali”. Tra gli altri relatori: Gianni Riotta, direttore de Il Sole 24 Ore, padre Antonio Spadaro, de La Civiltà Cattolica, e Giovanni Silvestri, responsabile del Servizio informatico Cei. Concluderà il seminario monsignor Claudio Giuliodori, presidente della Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali. Ai partecipanti verrà consegnato un vademecum. Del seminario parla don Ivan Maffeis, vicedirettore dell’Ufficio Cei per le comunicazioni sociali.Quali sono l’eredità e le prospettive aperte dal convegno “Testimoni digitali”?L’ampia partecipazione al convegno nazionale dello scorso aprile da una parte è stata il segno di un diffuso interesse per i nuovi scenari aperti dalla comunicazione; dall’altra ha espresso la volontà della nostra Chiesa di abitare anche questo “continente digitale” assumendone i linguaggi, proprio per evitare di restare a margine del processo culturale in atto.Negli “Orientamenti pastorali” i vescovi indicano come obiettivo da raggiungere «educare alla conoscenza di questi mezzi e dei loro linguaggi e a una più diffusa competenza quanto al loro uso»: quale l’impegno dell’Ucs?Da parte nostra c’è la disponibilità a essere presenti sul territorio e ad accompagnare il cammino delle diocesi e delle comunità. Accanto al prezioso supporto offerto dal Servizio informatico della Cei, si tratta di aiutarci a conoscere la realtà della comunicazione, che più che essere costituita da una serie di strumenti, è una risorsa che sviluppa un modo d’informarsi, di pensare, di comunicare, di gestire le stesse relazioni. Come tale, richiede uno sguardo critico e un uso sapiente.I vescovi affermano anche che «l’impegno educativo sul versante della nuova cultura mediatica dovrà costituire negli anni a venire un ambito privilegiato per la missione della Chiesa»…La nostra responsabilità rimane quella dell’annuncio, una responsabilità che – come ricordava il Papa nel suo ultimo messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali – l’enorme capacità di espressione costituita dal digitale rende ancora più impellente, reclamando un impegno più motivato ed efficace. Ancora una volta, per la Chiesa la partita non si gioca semplicemente sul piano delle abilità tecniche, ma interpella il “cuore” del credente, chiamato a contribuire a “dare un’anima” anche a questo mondo digitale.Quali prospettive per educare a una comunicazione che sia al servizio della verità?Il punto di partenza non può che essere quello di porre la persona umana al centro di tutti i processi della comunicazione. E questo richiede a chi opera nel campo dell’informazione una dote di rispetto, di formazione e anche di testimonianza personale: passa da qui, del resto, anche la possibilità di distinguersi nel diluvio informatico e quindi di essere riconosciuti e stimati per la credibilità che viene da un’autenticità di vita.È possibile – e in che modo – ripensare le dinamiche comunicative valorizzando il web quale luogo che, come dice Benedetto XVI, «possa fare spazio – come il “cortile dei gentili” – anche a coloro per i quali Dio è ancora sconosciuto»?La testimonianza rimane la parola chiave per aiutare a passare dalla connessione a quella comunione che vive di relazioni autentiche. Si opera nei media e si sta nella Rete con un profilo preciso, cercando – come ci esorta ancora il Papa – di spianare la strada a nuovi incontri, assicurando sempre la qualità del contatto umano e l’attenzione alle persone e ai loro veri bisogni spirituali.L’incontro si conclude con la consegna di un “vademecum”…Uno strumento utile a chi opera nella comunicazione web delle nostre diocesi. In maniera essenziale, indica obiettivi, contenuti e servizi di un sito diocesano, offrendo alcuni criteri di fondo e restando intenzionalmente aperto al contributo che può giungere dalle diverse esperienze.