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Ingegnere affermato, vive in subaffitto

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14 Ottobre 2008

Trovare casa a Milano è una vera e propria impresa. Soprattutto per chi non ha uno stipendio. Sono tante le famiglie, italiane e non, che non solo non possono affrontare un mutuo, perché non hanno un lavoro fisso, ma che incontrano difficoltà persino con l’affitto: tra gli 800 e i 1300 euro al mese, un costo davvero troppo alto. Come Giovanni, ingegnere sessantenne che vive nella periferia della metropoli. Nel 1997 l’azienda di cui era socio minoritario è fallita. Per lavoro era costretto a trascorrere lunghi mesi sulle piattaforme petrolifere dell’Adriatico. Sempre lontano per seguire sul posto i suoi dipendenti. È stato facile perciò per i suoi soci scaricargli addosso mancanze di retribuzioni pari a circa un centinaio di milioni di euro. E in un momento la sua vita è cambiata completamente. Iniziano i contenziosi con le banche, il conto va in rosso, deve svendere la casa. «Ho una certa età e così trovare un posto diventa difficile. Non ho più trovato un’occupazione fissa, ma solo incontri sporadici, che mi permettono di racimolare 300/400 euro al mese. Altri 400 adesso mi arrivano grazie a un sussidio di prepensionamento. Ma certo non sono abbastanza per mantenere una casa», racconta. Così ora vive in subaffitto. Una situazione tutt’altro che felice. «Certo le spese sono poche e me la cavo con 500 euro al mese, ma i problemi non mancano. L’amministrazione dello stabile continua a ripetermi che la mia posizione non è legale. Alcuni anni fa poi avevo un cane di grosse dimensioni e per questo motivo mi venivano aumentate le spese», aggiunge. Un amico è riuscito a trovare nella sua zona un monolocale in affitto a 750 euro. È la cifra più bassa. Ma Giovanni non può permettersi nemmeno questo. «Cerco di spendere il meno possibile. Fortunatamente prima del fallimento avevo fatto buoni acquisti: camicie, vestiti che mi sono durati per anni. Adesso le metto ancora, ma prima o poi dovrò comprarne di nuove», spiega. Pensare solo all’essenziale. Rinunciare a ogni agio e anche agli interessi personali. «Prima che l’azienda fallisse avevo tanti hobby. Mi piacevano il teatro e la musica classica. Se rinunciavo a uscire era solo per mancanza di tempo. Adesso non posso nemmeno più concedermi il cinema per mancanza di soldi», precisa. Una situazione difficile con cui si trovano a convivere centinaia di persone. «A volte, pensandoci bene, mi considero davvero fortunato. Sono esperto di informatica, so quattro lingue e mi intendo di fotografia digitale e fotoritocco. Grazie a queste conoscenze riesco a guadagnarmi qualcosa. Ma chi ha studiato meno di me come fa? Io me la cavo, galleggio in qualche modo. Gli altri vanno a fondo, inevitabilmente», commenta Giovanni. E, infatti, c’è anche chi sta peggio. Come la signora Geldres, peruviana. Da quattro anni sta partecipando al bando del Comune per ottenere una casa, ma ancora non c’è riuscita. Il marito, anche lui extracomunitario, non ha un lavoro regolare. Lei nemmeno. Qualche anno fa si è ammalata di tumore a un braccio e ha grandi difficoltà di movimento. Adesso sta facendo la radioterapia e le hanno riconosciuto un’invalidità al 30%. Troppo poco per avere un sussidio: «La Chiesa mi ha aiutata molto. Mi hanno dato una mano ad avere un contratto per la casa. E riesco a pagarlo grazie alla Caritas e alla Lega contro i tumori. Spero che questa situazione non duri molto e di rimettermi a lavorare in fretta», racconta.
Cristina Conti