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Esperienze

Cgm: 1200 cooperative al servizio dei più deboli

di Cristina CONTI Redazione

21 Dicembre 2010

Servizi assistenziali, educativi e contro il disagio. Queste le principali attività di Cgm, un gruppo cooperativo che mette in rete 1200 cooperative attraverso una serie di consorzi per lo più provinciali. Un’esperienza che cerca di affrontare la crisi attraverso il coinvolgimento di persone, relazioni e capacità. Nato nel 1987, costituisce la più grande rete italiana di imprese sociali. La sede oggi è a Milano in via Marco Aurelio 8. Con le sue oltre 10 mila unità operative di servizi presenti in tutte le regioni, 70 province, 5 mila comuni, il Gruppo Cgm rappresenta la più articolata rete organizzata di servizi alla persona, offerti direttamente ai cittadini per il 40 per cento e in collaborazione con gli enti locali per il restante 60 per cento. Sono 700 mila le famiglie italiane che usufruiscono di questa diversificata rete di attività educative, di cura, sanitari, sociali, riabilitativi, formativi, culturali e scolastici e, da poco tempo, anche turistici. Nato come consorzio di terzo livello (aggregando consorzi territoriali), Cgm è diventato un gruppo cooperativo, dando origine a una serie di società controllate specializzate in singoli settori. «La nostra è un’esperienza generativa per molti aspetti: perché ha tracciato un solco e una prassi poi divenuta maggioritaria nella cooperazione sociale italiana. Ha saputo creare posti di lavoro, garantendo servizi di cura e iniziative di inserimento lavorativo per le persone svantaggiate», spiega la presidente Claudia Fiaschi. Con un valore di oltre un miliardo e 400 mila addetti, Cgm rappresenta la più grossa rete di economica sociale in forma cooperativa presente in Europa. Ma soprattutto costituisce una forma di Welfare a servizio della comunità, che si declina nei diversi territori con modalità particolari, a seconda delle esigenze presenti e in un’ottica di sviluppo comunitario. Educazione, cura, inserimento lavorativo, tutela dell’ambiente, imprenditoria sociale, interculturalità. Sono solo alcuni dei servizi distribuiti in tutte le regioni italiane, che danno lavoro almeno per il 30 per cento a soggetti svantaggiati. «Il nostro obiettivo – aggiunge Fiaschi – è quello di sviluppare diverse offerte di servizi alla persona, che si avvalgono dello scambio e dello sviluppo in rete. Creare processi virtuosi di sviluppo, dare eccellenze che possano contribuire a realizzare progetti utili ai problemi dei diversi territori». Promuovere il benessere delle comunità, progettare e promuovere servizi di qualità a prezzo accessibile, gestiti in forma di impresa sociale cooperativa senza fini di lucro, lavorare con le istituzioni e i diversi attori del territori, essere strumento della comunità, stare vicino alle persone, per rispondere a vecchi e nuovi bisogni, e anche promuovere l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati e la loro l’occupazione. Obiettivi ambiziosi, che si possono raggiungere solo attraverso il lavoro in rete e la messa in comune delle capacità di ognuno. Un processo che non solo aiuta le persone, ma anche l’economia. «Le nostre attività non solo producono servizi, ma anche economia, risorse fiscali e previdenziali. Si tratta di una forma di Welfare rigenerativo, perché per il 50 per cento le sovvenzioni arrivano da privati e solo una parte dal pubblico. Mentre le ricadute economiche danno un forte contributo allo Stato», continua. Ma questa peculiarità non viene ancora riconosciuta in modo adeguato. «Oggi in Italia dal punto di vista dei servizi alla persona, c’è la necessità di trovare una politica più coraggiosa. L’associazionismo troppo spesso si sporca con l’economia e perde la sua caratteristica primigenia. L’unica alternativa è il no profit che non sempre è sufficiente a rispondere alle richieste di chi ha un disagio». Servizi assistenziali, educativi e contro il disagio. Queste le principali attività di Cgm, un gruppo cooperativo che mette in rete 1200 cooperative attraverso una serie di consorzi per lo più provinciali. Un’esperienza che cerca di affrontare la crisi attraverso il coinvolgimento di persone, relazioni e capacità. Nato nel 1987, costituisce la più grande rete italiana di imprese sociali. La sede oggi è a Milano in via Marco Aurelio 8. Con le sue oltre 10 mila unità operative di servizi presenti in tutte le regioni, 70 province, 5 mila comuni, il Gruppo Cgm rappresenta la più articolata rete organizzata di servizi alla persona, offerti direttamente ai cittadini per il 40 per cento e in collaborazione con gli enti locali per il restante 60 per cento. Sono 700 mila le famiglie italiane che usufruiscono di questa diversificata rete di attività educative, di cura, sanitari, sociali, riabilitativi, formativi, culturali e scolastici e, da poco tempo, anche turistici. Nato come consorzio di terzo livello (aggregando consorzi territoriali), Cgm è diventato un gruppo cooperativo, dando origine a una serie di società controllate specializzate in singoli settori. «La nostra è un’esperienza generativa per molti aspetti: perché ha tracciato un solco e una prassi poi divenuta maggioritaria nella cooperazione sociale italiana. Ha saputo creare posti di lavoro, garantendo servizi di cura e iniziative di inserimento lavorativo per le persone svantaggiate», spiega la presidente Claudia Fiaschi. Con un valore di oltre un miliardo e 400 mila addetti, Cgm rappresenta la più grossa rete di economica sociale in forma cooperativa presente in Europa. Ma soprattutto costituisce una forma di Welfare a servizio della comunità, che si declina nei diversi territori con modalità particolari, a seconda delle esigenze presenti e in un’ottica di sviluppo comunitario. Educazione, cura, inserimento lavorativo, tutela dell’ambiente, imprenditoria sociale, interculturalità. Sono solo alcuni dei servizi distribuiti in tutte le regioni italiane, che danno lavoro almeno per il 30 per cento a soggetti svantaggiati. «Il nostro obiettivo – aggiunge Fiaschi – è quello di sviluppare diverse offerte di servizi alla persona, che si avvalgono dello scambio e dello sviluppo in rete. Creare processi virtuosi di sviluppo, dare eccellenze che possano contribuire a realizzare progetti utili ai problemi dei diversi territori». Promuovere il benessere delle comunità, progettare e promuovere servizi di qualità a prezzo accessibile, gestiti in forma di impresa sociale cooperativa senza fini di lucro, lavorare con le istituzioni e i diversi attori del territori, essere strumento della comunità, stare vicino alle persone, per rispondere a vecchi e nuovi bisogni, e anche promuovere l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati e la loro l’occupazione. Obiettivi ambiziosi, che si possono raggiungere solo attraverso il lavoro in rete e la messa in comune delle capacità di ognuno. Un processo che non solo aiuta le persone, ma anche l’economia. «Le nostre attività non solo producono servizi, ma anche economia, risorse fiscali e previdenziali. Si tratta di una forma di Welfare rigenerativo, perché per il 50 per cento le sovvenzioni arrivano da privati e solo una parte dal pubblico. Mentre le ricadute economiche danno un forte contributo allo Stato», continua. Ma questa peculiarità non viene ancora riconosciuta in modo adeguato. «Oggi in Italia dal punto di vista dei servizi alla persona, c’è la necessità di trovare una politica più coraggiosa. L’associazionismo troppo spesso si sporca con l’economia e perde la sua caratteristica primigenia. L’unica alternativa è il no profit che non sempre è sufficiente a rispondere alle richieste di chi ha un disagio».