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Riflessione

Il bar dell’oratorio:
luogo educativo e di relazioni sincere

Una presenza che può apparire banale nel contesto di un progetto educativo, ma non lo è affatto, perché libera da dinamiche burocratiche e da una rigida demarcazione di ruoli

di Samuele MARELLI Direttore Fom

27 Maggio 2013
don Samuele Marelli, nuovo direttore FOM

Tra i luoghi più caratteristici dell’oratorio c’è sicuramente il bar. La sua presenza all’interno di molti oratori offre a tutti la possibilità di un’accoglienza semplice e simpatica, oltre che di un incontro informale. Al bar ci si trova per stare insieme, raccontarsi qualcosa e sfidarsi a biliardino.

Tutto questo può apparire banale all’interno del progetto educativo dell’oratorio, ma non lo è affatto. Il bar rappresenta uno dei luoghi privilegiati di quella pastorale informale, della quale molti parlano, ma nella quale pochi investono realmente. Ai nostri giorni l’annuncio del Vangelo richiede luoghi così; dove non decidi tu chi incontrare e talvolta neppure di che cosa parlare. Il bar può essere certamente luogo di relazioni sincere e profonde perché libero da dinamiche troppo istituzionali e burocratiche, così come da una rigida demarcazione di ruoli e confini.

Per molti ragazzi può essere il luogo della prima evangelizzazione, a due condizioni. La prima è che i ragazzi al bar trovino qualcuno. Spesso si sottovaluta l’importanza della figura del barista, relegandola tra gli incarichi più tecnici e meno significativi dal punto di vista educativo. In realtà non è così. Pensate come sarebbe bello se i nostri oratori si attrezzassero per puntare ad abitare realmente questo luogo con presenze significative in ordine alla relazione educativa, superando la pur vera, ma troppo ristretta preoccupazione gestionale. Si tratta di pensare a persone che sono lì per i ragazzi che incontrano, prima ancora che per il servizio concreto che devono rendere. Questo non è dunque il fine della loro presenza, ma il mezzo attraverso cui instaurare una relazione di ascolto e dialogo, che non vuole avere grandi pretese se non quella di far capire che all’oratorio c’è qualcuno a cui stai a cuore. Forse si riuscirebbe anche a superare il luogo comune dei “discorsi da bar”, che indica il parlare superficiale, quasi per passare il tempo.

C’è poi una seconda condizione che crea la possibilità di un contesto educativo. Prima ancora delle persone, anche gli ambienti stessi educano. Il bar dell’oratorio dovrebbe essere pensato e gestito così. Contro ogni logica di profitto, nell’interesse esclusivo dei ragazzi. Non che questi debbano essere gli unici fruitori, ma certamente i primi per i quali è pensato il servizio. Attraverso alcune scelte concrete, talvolta anche coraggiose, si può educare alla sobrietà più che con molti discorsi. Pensate poi l’importanza di vigilare sulla presenza di televisione e videogiochi che rischiano di trasformare anche questo spazio di incontro reale in rifugio virtuale o ancora peggio in una dimensione che possa istigare comportamenti legati al gioco d’azzardo.

Nel bar dell’oratorio non ci sono scommettitori e non ci sono slot machines. Non ci sono nemmeno i gettoni per il biliardino perché appunto l’obiettivo non è che qualcuno guadagni dei soldi, ma tutti ci guadagnino in relazioni e amicizia. A queste condizioni il bar dell’oratorio diventerà sempre più strumento semplice, ma non banale, di una relazione educativa che cerca spazi informali abitabili nei quali testimoniare, con l’attenzione alle persone, l’amore di Dio per ogni uomo.