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Liturgia

«La venuta del Signore»

Con l'Avvento si apre un nuovo anno liturgico. Il Lezionario (anno B) di questa prima domenica non fissa l’attenzione sull’ansiosa attesa della “fine”, ma sulla certezza del compimento della nostra storia

di Luigi NASON

11 Novembre 2011

Con il tempo di Avvento – che nella tradizione ambrosiana si dispiega lungo sei settimane – si apre il cammino di un nuovo anno liturgico.

«Fa’ splendere il tuo volto, Signore, e noi saremo salvi» (Sal 79[80]): è la preghiera che nasce dall’ascolto della Parola di Dio e ci richiama con insistenza al dovere della vigilanza. Nell’intenzione della liturgia, l’Avvento si offre come «il tempo che prepara la Chiesa a celebrare il mistero della manifestazione nella carne del Verbo di Dio» (Premesse al Lezionario, n. 100). La Parola di Dio, attraverso un linguaggio che richiede di essere interpretato correttamente, ci invita a non fuggire dalle difficoltà e dalle situazioni di profonda precarietà dell’esistenza quotidiana, per camminare con rinnovata speranza incontro al Signore che viene. «Dopo quella tribolazione (…) le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria» (Vangelo: Mc 13,1-27): “la venuta del Signore” non deve suscitare smarrimento o timore, ma il desiderio e l’impegno di orientare a Lui tutta la nostra vita.

Il Lezionario liturgico (anno B) di questa prima domenica non fissa la nostra attenzione sull’ansiosa attesa della “fine” (Lettura: Is 24,16b-23), ma sulla certezza del compimento della nostra storia; non assisteremo alla rivincita delle forze della natura sull’uomo, ma saremo partecipi di ciò che il nostro Dio, buono e fedele. Ci promette: «Come in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre» (Epistola: 1Cor 15,22-29). «L’Avvento quindi non è in prima linea un tempo penitenziale nella prospettiva del ritorno del Signore per il giudizio, bensì celebrazione dell’Incarnazione, e solo a partire da ciò, attesa anche della parusia» (M. Augé). Il nostro pellegrinaggio terreno è illuminato da una certezza: solo il Signore Gesù può condurci a salvezza e, «quando verrà di nuovo nello splendore della gloria, potremo ottenere, in pienezza di luce, i beni promessi che ora osiamo sperare, vigilando nell’attesa» (prefazio).

Un Dio che segue il suo popolo in esilio per salvarlo

Nei giorni feriali, il Lezionario segue il ciclo dell’anno II. Dal lunedì al venerdì, la proclamazione del Vangelo secondo Matteo è preceduta da due letture del Primo Testamento tratte dal libro del profeta Ezechiele, che ci accompagnerà per le prime cinque settimane, e dal libro dei Dodici profeti (in questa settimana, Gioele). Il sabato mantiene invece la consueta scansione Lettura-Epistola-Vangelo: alla proclamazione del Vangelo secondo Matteo e del profeta Ezechiele, avviata già nei giorni precedenti, si affianca quella di alcuni brani della Lettera agli Ebrei, che sviluppano il tema del sacerdozio di Cristo.

In questa settimana i testi di Ezechiele sono tratti dai primi tre capitoli che esigono di essere letti in modo unitario: la grande visione inaugurale della “gloria” del Signore introduce la missione del profeta, chiamato a essere “sentinella” per il popolo in esilio, ossia a vegliare perché la parola di Dio possa essere accolta: «Figlio dell’uomo, ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele» (Ez 3,17: Lettura del venerdì).

L’immagine del carro con le sue ruote, come già quella dell’arca che si poteva spostare, richiama l’idea di un Dio che accetta di seguire il suo popolo in esilio per salvarlo là dove si trova (cf Ez 1,1-28 e 3,12-15: Letture del lunedì, martedì e giovedì).

Risuonano gli accenti forti delle parole profetiche, che riportano le visioni divine e gli oracoli contro Giuda e Gerusalemme: «Figlio dell’uomo, va’, rècati alla casa d’Israele e riferisci loro le mie parole (…), la casa d’Israele non vuole ascoltare te, perché non vuole ascoltare me: tutta la casa d’Israele è di fronte dura e di cuore ostinato» (Ez 3,1-15: Lettura del giovedì). Nella stessa linea si muovono le Letture del profeta Gioele. L’annuncio della venuta del Signore deve suscitare la nostra conversione: «Ritornate a me con tutto il cuore (…). Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso» (Gl 2,10-17: Lettura del mercoledì). Solo questo ritorno renderà possibile l’esperienza della promessa di Dio: «Allora voi riconoscerete che io sono in mezzo a Israele, e che io sono il Signore, vostro Dio, e non ce ne sono altri: mai più vergogna per il mio popolo» (Gl 2,21-27: Lettura del giovedì).

Al vertice della Liturgia della Parola sono le pericopi di Matteo, che più di ogni altro evangelista sottolinea l’adempimento delle profezie in Cristo poiché è alla luce di esse che si può comprendere il suo mistero. L’annuncio che in Gesù il Regno, ossia l’azione di Dio nella storia umana, si è avvicinato e che l’accoglienza dell’iniziativa di Dio si attua nella decisione di porsi alla sequela di Gesù è al centro dei testi evangelici dell’intera settimana: «Mentre il Signore Gesù camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello (…). E disse loro: “Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini”» (Mt 4,18-25: Vangelo del lunedì); «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7,21-29: Vangelo del martedì); «Il Signore Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità» (Mt 9,35-38: Vangelo del venerdì).

Sia quindi la stessa liturgia ad accompagnarci nel cammino, sostenendo la nostra attesa e risvegliando il desiderio dell’incontro con il Signore: «Speriamo in te, Signore. Al tuo nome e al tuo ricordo si volge il nostro desiderio. Nella notte la mia anima ti invoca e il mio cuore ti cerca nel mattino» (antifona allo spezzare del pane del martedì).