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Lecco

Quindici rifugiati nell’ex Casa del Clero

La “Domus Mater” un tempo ospitava sacerdoti anziani. Oggi, gestita dalla Caritas, ha accolto 11 giovani del Mali e 4 del Gambia. Don Ettore Dubini: «Con loro continua lo spirito di accoglienza»

di Marcello VILLANI

15 Giugno 2014

Era la Casa del Clero di Lecco, la “Domus Mater” ex Villa Aldé. Fino all’autunno 2013 aveva accolto centinaia di sacerdoti anziani. Ospitò anche don Luigi Monza: d’altronde il futuro Beato fu nominato parroco nel 1936 proprio a San Giovanni, parrocchia lecchese nel cui territorio, in via Montalbano 3, si trova la Casa del Clero e dove don Luigi silenziosamente se ne andò il 29 settembre 1954, come il chicco di grano che muore per dar vita alla spiga. Una spiga che non ha mai smesso di crescere, visto che ora la Casa, gestita dalla Caritas, accoglie 15 immigrati arrivati nell’ambito dell’operazione “Mare Nostrum”. Undici provengono dal Mali, quattro dal Gambia. Sono arrivati a Lecco alla metà di maggio, sono stati trasferiti in albergo e poi indirizzati a Villa Aldé. Sono tutti molto giovani, ventenni e trentenni: qualcuno è appena maggiorenne. Rispetto ai profughi dalla Libia, gli analfabeti sono pochissimi e gli altri sono in possesso di una seppur minima scolarità. Il gruppo arrivato dal Mali è francofono, gli altri parlano inglese.

Don Ettore Dubini, responsabile di Zona della Caritas Ambrosiana, non ha dubbi: «Con loro continua lo spirito di accoglienza della “Domus Mater”. E Caritas, con la Cooperativa “L’Arcobaleno” di Lecco, si è adoperata per accogliere i profughi di questa ultima emergenza. Volevamo farlo già ai primi di aprile, ma c’è voluto un po’ di tempo perché la Casa era ancora arredata e attrezzata in funzione dell’ospitalità dei sacerdoti. Abbiamo sistemato gli interni e stipulato l’adeguata convenzione con la Prefettura di Lecco tramite la Comunità Montana della Valsassina». Riallacciate le utenze di acqua, gas ed energia elettrica, sistemati i letti per 15 ospiti, il progetto di accoglienza è partito. Lo stile è quello tipico della Caritas: «Non abbiamo voluto soltanto dare un tetto o un letto, ma anche un supporto – sottolinea don Ettore -: la scuola d’italiano, la possibilità di inserirsi nella città, l’assistenza nei rapporti con la Prefettura e la Questura. Si sono già resi disponibili diversi volontari».

Quelle dei rifugiati sono storie di ordinaria paura, povertà e disperazione. Racconta Roberto Castagna della Cooperativa L’Arcobaleno: «In Mali è avvenuto un colpo di Stato, ma tutte queste persone, anche quelle provenienti dal Gambia, da tempo aspettavano di lasciare il loro Paese. Vivevano in condizioni di estrema povertà, senza futuro, anche se non sempre in situazioni che mettessero in pericolo la loro vita. Parecchi hanno pagato il viaggio per venire in Italia con tutto quello che avevano».

Resteranno? Questo è il vero dubbio. Ci sono grande incognite sulla prosecuzione dei fondi statali di sostegno a questa emergenza: «Fino al 30 giugno resteranno sicuramente – precisa Castagna -. Il Ministero dell’Interno dice che a fine giugno finirà tutto e non darà più nulla a nessuno. Ma tutte queste persone vanno a chiedere il primo permesso di soggiorno cercando di ottenere l’asilo, e con la richiesta d’asilo pendente resteranno a lungo in Italia. Noi, di sicuro, non li manderemo via…».